ELENA CAPILUPI
Cronaca

Così creo la mia arte di strada. Papà mi diceva: "Farai la fame". E invece ora mi sento realizzato

Emanuele Mantovani nel suo laboratorio crea opere partendo (anche) dagli scarti della città "Ho cominciato realizzando quadretti e targhe di Milano, ora ho perfino clienti stranieri".

Nato nel 1960 a Milano, Emanuele Mantovani è, in una sola parola, autentico: un artista che ha fatto della sua più grande passione un lavoro. Attraverso le sue opere è possibile fare un tuffo nel passato di Milano, tra storia e innovazione, colori e forme. Un amore, quello per la città in cui è nato e cresciuto, manifestatosi fin dalla tenera età e sempre presente nelle sue opere con l’obiettivo di mostrare attraverso uno sguardo sognante il passare del tempo. Come nasce la sua passione per l’arte? "È sempre stata parte di me da quando sono nato. Da bambino, non ho mai chiesto ai miei genitori regali che non fossero oggetti per dipingere: colori, pennelli, tele, matite. Ero la felicità del colorificio di via Canonica. Quando passavo con mia madre, la signora che ci lavorava mi conosceva e veniva sempre incontro per salutarmi. Per me quella era la scusa perfetta per entrare e comprare nuovi colori. Mio padre mi diceva “Lascia stare, gli artisti muoiono di fame”, pensando di potermi scoraggiare. Non ci è riuscito. Amo esprimermi attraverso l’arte, l’ho sempre fatto e continuerò ancora. Diventato più grande, sono partito per fare il militare e una volta tornato a Milano sono stato assunto da un’azienda in cui realizzavo disegni per i libretti di istruzione dei macchinari. Quando il lavoro ha cominciato a diminuire mi sono riscoperto artista: ho cominciato realizzando quadretti e targhe delle vie di Milano per amici e familiari, per poi ampliare le mie creazioni. Quando ho capito che la mia arte piaceva a tante persone sono stato felice come non mai".

Quando ha aperto il suo laboratorio?

"È nato 25 anni fa e da allora è diventato il mio posto sicuro dove posso esprimermi liberamente e dar sfogo alla creatività. Questo luogo racchiude tante delle mie opere e delle mie passioni, dalle targhe alle incisioni su legno, dalle grafiche digitali alle opere su tela. Qui dentro sono cresciuto e maturato come artista, portando sempre con me il piccolo grande amore che nutro per la mia città, Milano".

Come si è evoluto il suo stile?

"Sono partito dal concetto di recupero: recupero fisico e artistico. Nel primo caso raccoglievo televisori, videoregistratori e altre tecnologie degli anni Novanta che smontavo per dare loro una nuova vita. Il recupero artistico è invece per me sinonimo di un recupero di valori. Mi piace l’idea che ognuno possa avere in casa l’opera di un artista che ha fatto grande la propria nazione: perché questo sia possibile, mi cimento anche nella riproduzione fedele di diversi quadri su commissione. Ma non mi limito alla semplice copia, cerco di dare il tocco “del Mantovani”. Sono nate così le mie stampe sul legno, in cui trasferisco immagini invecchiandole e modificando la superficie del legno che voglio sì vissuta, ma anche liscia e piacevole al tatto".

Quali sono i pezzi più amati? "Senza dubbio le targhe delle vie, nate su commissione di amici e parenti e poi spopolate anche con tanti clienti stranieri. Per me le targhe sono testimoni delle generazioni che sono andate da una via all’altra, racchiudono la storia passata ma anche quella futura. C’è da dire che prima di realizzare nuovi pezzi sottopongo le mie opere ai giudici più severi ma anche più sinceri: mia moglie e i miei figli. Dopo essermi confrontato con loro, mi rendo conto se la mia idea può avere successo e a chi potrebbe piacere: sono la cartina tornasole per i miei lavori. Con le targhe hanno avuto ragione: la produzione si è infatti ampliata aggiungendo alle vie anche le linee della metropolitana e delle autostrade".