NICOLA PALMA
Cronaca

Il pagamento della corsa in taxi con il pos non riesce, il tassista alza il prezzo di 40 centesimi alla cliente

Milano, la donna ha tentato di saldare la corsa da 36,60 euro con tre carte di credito diverse: invano. Il conducente ha applicato una sovrattassa considerata illegittima. Scatta la sospensione per sette giorni

Taxi a Milano (Archivio)

Taxi a Milano (Archivio)

Milano, 9 giugno 2024 – Sette giorni di sospensione per 40 centesimi di troppo. Una maggiorazione illegittima del prezzo punita con una settimana di stop. I protagonisti di questa storia sono un tassista e una cliente salita sulla sua auto bianca. Stando a quanto emerge da una recentissima sentenza del Tar, al termine della corsa, la donna chiede di poter pagare con il Pos.

Prova la prima volta, ma la transazione non va a buon fine. Stesso copione per il secondo tentativo, con un’altra card. E così pure la terza volta, con l’ennesima tessera di pagamento. A quel punto, il conducente applica una sorta di "sovrattassa" (forse per il tempo perso ad attendere invano il pagamento, si può ipotizzare).

Il costo finale passa da 36,60 a 37 euro, con un arrotondamento per eccesso di 0,40 euro. La signora segnala subito l’accaduto al Comune. E il 16 febbraio il conducente si vede notificare una determina dirigenziale dell’area "Strategie innovative per i trasporti": sanzione di sette giorni di sospensione dell’esercizio del servizio taxi "per aver richiesto un pagamento maggiorato di 0,40 euro della corsa di 36,60 euro, dopo che non erano andate a buon fine tre pagamenti Pos effettuati dalla cliente con tre carte diverse".

Un comportamento che viola palesemente l’articolo 44 lettera f del Regolamento regionale del bacino aeroportuale lombardo, che dispone il divieto per i conducenti di autoveicoli in servizio di chiedere somme maggiori o non conformi a quelle autorizzate. Un comportamento punito con uno stop da un minimo di 7 a un massimo di 30 giorni, a seconda della gravità.

Tradotto: al conducente in questione viene comminata la sanzione minima, verosimilmente per l’entità modestissima della somma contestata. In più, il provvedimento dispone la restituzione immediata dei 40 centesimi alla cliente.

Finita? Niente affatto. Il tassista decide di impugnare lo stop di una settimana al Tribunale amministrativo della Lombardia. Due giorni fa, è arrivata la sentenza: i giudici hanno dichiarato il ricorso inammissibile, senza neppure entrare nel merito della vicenda. Il motivo? I legali del conducente lo hanno notificato solo al Comune di Milano, anziché alla Regione Lombardia.

Come già ribadito in precedenti pronunciamenti, il collegio presieduto da Daniele Dongiovanni ha spiegato che "la commissione tecnica disciplinare è da considerarsi un organo regionale, posto che, alla sua costituzione, incaricata di svolgere l’istruttoria e concludere il procedimento relativo alla violazione della normativa relativa alle modalità di svolgimento del servizio taxi del bacino, nonché dei requisiti e condizioni di esercizio, sovraintende la Regione".

Del resto, è proprio la Giunta di Palazzo Lombardia a nominare i componenti dell’organismo. "Di conseguenza – sottolineano i giudici – l’attività deve ritenersi riferibile alla Commissione nel suo complesso, quale organo regionale che esprime una volontà unica e non anche ai singoli enti competenti". Conclusione: "Il ricorrente avrebbe dovuto notificare il ricorso alla Regione Lombardia e non al Comune di Milano".