
di Rosario Palazzolo
C’è un inquietante parallelismo tra l’inchiesta per corruzione a carico di due ex agenti del commissariato di Sesto San Giovanni e quella che era deflagrata a fine 2014 nel commissariato di Cinisello Balsamo, dove una parte degli addetti all’ufficio Immigrazione era stata messa sotto indagine. Sebbene l’inchiesta sestese sia emersa nella giornata di ieri, con l’arresto di un assistente capo di polizia e l’interdizione di un collega – entrambe non più in servizio a Sesto – i fatti avvenuti nei commissariati risalgono entrambi al 2014.
Il filo conduttore è la corruzione per ottenere un vantaggio, magari anche solo di tempo, sull’espletamento di pratiche per stranieri. Per questo imprenditori di altri Paesi avrebbero offerto denaro, viaggi e cene. Insomma, un mercato delle pratiche di soggiorno che diventa strumento di scambio per “poliziotti infedeli“ che operano in un’area dove gli stranieri sono ormai una realtà consolidata.
Tra Sesto e Cinisello la percentuale di stranieri residenti risulta ormai vicina al 20 per cento. Si parla di migliaia di pratiche che ogni anno devono essere espletate dagli uffici pubblici in un instancabile lavoro che fatalmente si presta a favoritismi di vario tipo. Il caso sestese, emerso ieri dopo quattro anni di indagini durante le quali i due poliziotti si sono allontanati dal commissariato di via Fiume, risale appunto a fatti avvenuti tra il 2014 e il 2016. Un assistente capo, che era in servizio alle Volanti, è stato arrestato insieme a un imprenditore egiziano con l’accusa di aver messo in piedi un giro di compravendita di permessi di soggiorno. Il poliziotto è accusato anche di aver cercato di corrompere un altro collega affinché assecondasse le sue richieste.
Il gip di Monza Franca macchia, che ha coordinato le indagini della Questura di Milano, ha emesso un’ordinanza di custodia cautelare ai domiciliari per entrambi. Un secondo poliziotto, anche lui non più in servizio a Sesto, ha ricevuto una misura interdittiva per ipotesi di reato che sembrerebbero più sfumate. Il malaffare di cui sono accusati consisteva nell’agevolazione di pratiche per il rilascio di permessi di soggiorno a cittadini stranieri, per lo più indicati dall’imprenditore di origine egiziana, in cambio di denaro, viaggi, abbigliamento e cene in ristoranti esclusivi.