Covid: "Così gli ultravioletti neutralizzano il virus"

Lo studio della Statale: basse dosi dalle lampade Uv-C efficaci per sterilizzare. "Conferme anche sull’effetto della luce del sole"

Le lampade a raggi Uv-C vengono utilizzate ad esempio per igienizzare gli acquari

Le lampade a raggi Uv-C vengono utilizzate ad esempio per igienizzare gli acquari

Milano, 16 giugno 2020 - Il sole ormai estivo ha un qualche ruolo nella tregua pandemica che sta sperimentando anche la Lombardia, nonostante i 259 contagi registrati ieri (su 4.298 “tamponati”, con 109 casi scoperti attraverso i test sierologici pubblici e una maggioranza di “debolmente positivi“ intercettati a fine malattia)? Sul sito del Ministero della Salute si legge ancora che "non esistono evidenze scientifiche che esporsi al sole, o vivere in Paesi a clima caldo, prevenga l’infezione da nuovo coronavirus". La risposta però è aggiornata al 9 aprile; e dopo due mesi in cui i ricercatori di tutto il mondo sono concentrati sul nuovo patogeno, le prime "evidenze scientifiche" su quest’ipotesi avanzata da alcuni scienziati nelle prime settimane dell’epidemia iniziano ad arrivare.

Ad esempio dagli studi multidisciplinari che i ricercatori dell’università Statale stanno conducendo insieme ai colleghi dell’Istituto nazionale di astrofisica, dell’Istituto dei tumori di Milano e dell’Irccs Don Gnocchi, i cui risultati sono stati pubblicati in due articoli in pre-print (un passaggio che precede la revisione e poi diffusione su riviste scientifiche) sull’archivio internazionale medrxiv . Ma ha anche risvolti applicativi concreti la prova sperimentale con la quale i ricercatori milanesi hanno dimostrato che la luce ultravioletta a lunghezza d’onda corta è molto efficace nel neutralizzare anche il Sars-CoV-2. Il potere germicida di questi raggi Uv-C (prodotti tipicamente da lampade al mercurio molto economiche, che si utilizzano ad esempio per igienizzare l’acqua negli acquari) era già noto: la luce con lunghezza d’onda di 254 nanometri (miliardesimi di metro) è in grado di rompere i legami molecolari di Dna e Rna che costituiscono virus e batteri; i raggi Uv-C vengono già utilizzati nella disinfezione di ospedali e altri luoghi pubblici.

I ricercatori milanesi hanno fatto però un passo in più, misurando direttamente per la prima volta la dose di ultravioletti corti necessaria a sterilizzare il nuovo coronavirus: "Abbiamo illuminato soluzioni a diverse concentrazioni di virus, dopo una calibrazione molto attenta effettuata coi colleghi di Inaf e Int - spiega Mara Biasin, docente di Biologia applicata in Statale -, e trovato che è sufficiente una dose molto piccola, 3.7 millijoule per centimetro quadrato, per inattivare e inibire la riproduzione del virus di un fattore 1.000, indipendentemente dalla sua concentrazione". È la dose che può essere erogata in qualche secondo da una lampada Uv-C posizionata ad alcuni centimetri dal bersaglio, e questo significa che gli ultravioletti corti possono essere usati in "un’efficace strategia di disinfezione - chiarisce Andrea Bianco, tecnologo dell’Inaf -. Questo dato sarà utile a imprenditori e operatori pubblici per sviluppare sistemi e protocolli ad hoc".

Non finisce qui : i risultati ottenuti con i raggi Uv-C sono serviti alla Statale e all’Inaf anche a validare uno studio parallelo sull’effetto che possono avere i raggi ultravioletti prodotti dal sole - gli Uv-B e gli Uv-A, con lunghezza d’onda tra 290 e 400 nanometri, perché gli Uv-C vengono “fermati” dallo strato di ozono nell’atmosfera - sulla pandemia, inattivando, all’aperto, il virus in aerosol (i famigerati droplet che produciamo parlando o starnutendo). Di recente le misurazioni del laboratorio di Biodifesa del Dipartimento di Stato Usa hanno dimostrato che in estate, nelle ore intorno a mezzogiorno, bastano pochi minuti di luce del sole per neutralizzare il coronavirus; e i risultati ottenuti a Milano, rapportati alle lunghezze più ampie degli Uv-B e degli Uv-A, lo confermano. Anche se sulla tregua possono aver inciso altri fattori (come il distanziamento sociale) "il nostro studio – osserva il ricercatore dell’Inaf Fabio Nicastro - sembra spiegare come la pandemia si sia sviluppata con più potenza nell’emisfero Nord e ora stia spostando il picco nell’emisfero Sud, dove sta iniziando l’inverno". 

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