Coronavirus, il Sacco al centro dell'emergenza: "Trasferiti due volte in piena notte"

La testimonianza di un malato. La struttura ospedaliera milanese punto di riferimento per i contagiati

Il Sacco punto di riferimento regionale

Il Sacco punto di riferimento regionale

Milano, 22 febbraio 2020 - «Vietato l’accesso. Reparto in isolamento". La porta a vetri affacciata all’esterno del padiglione 56 dedicato alle Malattie infettive si apre continuamente. Fuori c’è una calma surreale, dentro c’è chi si veste con le tute bianche, chi gesticola, chi dà indicazioni ai colleghi. Il piano terra è blindato: dall’ingresso, movimenti e viavai si intravedono soltanto; si carpiscono parole da chi esce un momento con il cellulare all’orecchio. "Dobbiamo allestire le stanze". Il clima nell’atrio è da piena emergenza. Così per tutto il giorno all’ospedale Sacco, dove in poche ore sono stati ricoverati la moglie, incinta all’ottavo mese, del trentottenne di Codogno risultato positivo al Coronavirus e in gravi condizioni, un amico che pratica sport con lui, il medico di base del trentottenne (primo a visitarlo) e colui che potrebbe essere il "paziente zero", un manager rientrato dalla Cina tra il 20 e il 21 gennaio, asintomatico, con cui l’uomo è entrato in contatto.

Reparto in fermento già nella notte, racconta Luigi, 55 anni, uno dei degenti, durante un momento di relax in giardino: "Fino a ieri (giovedì, ndr) ero sistemato in una stanza al piano terra. Verso le 16 sono stato spostato in un’altra stanza, sempre nello stesso piano. Alle 22.30, secondo trasferimento in poche ore: dal pian terreno al primo. Una persona è stata dimessa alle 21.30, un orario inconsueto. Da lì ho capito che c’era qualcosa, un’emergenza, perché evidentemente servivano posti letto. Stamattina (ieri, ndr) ho visto una donna incinta oltre il vetro. Ma il piano terra è blindato, non possiamo accedervi neppure noi".

Per passare dal padiglione al cortile, e viceversa, i pazienti e i loro familiari ora utilizzano una porticina laterale, "da lì arriviamo direttamente al primo piano o all’esterno senza passare dai locali del piano terra", spiega una donna, anche lei ricoverata. L’accesso in quell’ala è stato vietato a tutti, anche ai parenti, come è stato specificato nero su bianco sopra un cartello affisso alla porta d’ingresso attorno all’ora di pranzo, dopo l’arrivo dei pazienti in ambulanza in mattinata. Un foglio con tutta probabilità stampato di fretta e appeso alla bell’e meglio con due pezzi di scotch. Fino al mattino, pazienti e familiari potevano accedere liberamente anche da quella porta. "Era la più gettonata per uscire a prendere una boccata d’aria", fa sapere Luigi, che ha notato anche un altro elemento: "È cambiato in poche ore l’atteggiamento del personale sanitario, ed è comprensibile. Se prima mi sembrava di essere quasi in famiglia, adesso vanno tutti di fretta". Infermieri e medici hanno bocche cucite. "Non possiamo parlare e, poi, anche questo tempo è preziosissimo", dice un operatore. Intanto, nel primo pomeriggio, fuori dal padiglione si ferma un’auto con logo dell’Asst Fatebenefratelli-Sacco. Con tutta probabilità dovrà fare una spola tra ospedali, per portare a destinazione personale sanitario. Resta parcheggiata ore. E nessuna ambulanza si vede all’orizzonte. Ogni tanto esce qualcuno con una mascherina sul viso o contenitori trasparenti tra le braccia.

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