
Solo a Milano oltre un milione di mascherine poste sotto sequestro da quando è iniziata l’emergenza coronavirus. Un meccanismo che si ripete in quasi tutti i casi - dispositivi che vengono importati e poi messi in commercio in Italia senza la formale autorizzazione rilasciata dall’Istituto Superiore di Sanità o dell’Inail - riscontrato dalla Guardia di finanza anche nell’ultima operazione. Il blitz ha portato al sequestro di oltre 360mila mascherine (chirurgiche, Ffp2 e Ffp3) che non avevano le previste certificazioni e che, in n alcuni casi, erano state importate fraudolentemente dalla Cina. Prodotti che, ora, potrebbero essere requisite dal commissario straordinario dell’emergenza coronavirus e, dopo un’analisi nei laboratori specializzati del Politecnico di Milano per il via libera all’utilizzo, distribuite in ospedali e presidi sanitari.
Le indagini dei finanzieri del primo Nucleo operativo metropolitano di Milano, coordinati dal pm Grazia Colacicco, sono partite dal negozio milanese di una catena, dove venivano messe in vendita le mascherine. Le Fiamme gialle hanno ricostruito la catena di vendita, distribuzione ed importazione delle mascherine e hanno effettuato una serie di perquisizioni anche a Brescia, a Torino e a Novi Ligure, in Piemonte. Perquisizioni eseguite presso la sede centrale del gruppo e i magazzini di altre società fornitrici e che hanno consentito di scoprire migliaia di mascherine mentre un ulteriore ingente quantitativo di dispositivi, circa 220 mila pezzi, è stato sequestrato ancora giacente nei magazzini doganali di Malpensa. Erano già state vendute a un’altra società, che nell’arco di pochi giorni le avrebbe messe in commercio. Per questo materiale risultava essere stata presentata in Dogana una falsa attestazione di destinazione. Nello specifico, l’importatore aveva dichiarato falsamente che le mascherine sarebbero state destinate alla protezione dei dipendenti e dei clienti di una società di un servizio di pubblica utilità. In una delle società perquisite, sono stati sequestrati, perché illecitamente detenuti, diversi timbri di pubbliche amministrazioni, istituti di credito e professionisti operanti nell’ambito del settore sanitario. Sei persone, responsabili delle società coinvolte, sono stati denunciate.
Andrea Gianni