Coronavirus, documenti choc del Don Gnocchi: "Mascherine? Non obbligatorie"

La normativa interna all’istituto che regolava il comportamento dei lavoratori, altre due famiglie denunciano

Coronavirus, indagine su contagi alla Don Gnocchi

Coronavirus, indagine su contagi alla Don Gnocchi

Milano, 10 aprile 2020 - Altre due famiglie che hanno perso un loro caro, ospite al "Don Gnocchi", si sono unite alla lunga lista delle persone che hanno denunciato la situzione definita "di gravissime omissioni" della Fondazione. Per ora, assistiti "pro bono" dall’avvocato Romolo Reboa, insieme agli avvocati Gabriele Germano e Massimo Reboa, ci sono 18 lavoratori, fra infermieri e operatori sanitari e cinque famiglie. Ma oltre alla lista di chi si affiderà allo studio legale, che è inevitabilmente destinata ad allungarsi, giorno dopo giorno si compone, attraverso testimonianze, racconti delle famiglie e relazioni depositate in Procura un puzzle che aiuta farsi una idea di cosa è veramente successo nei giorni di emergenza già evidente dentro la Fondazione Don Gnocchi. Il bilancio è pesantissimo, sui 77 posti letto 26 le persone decedute, solo all’interno della palazzina Generosa: quindi, un 30% degli anziani ospiti morti.

Lo studio legale Reboa ha depositato in Procura documenti che rafforzano la tesi secondo la quale la Fondazione Don Gnocchi, l’8 marzo, era già a conoscenza della "gravità della situazione" e "non abbia messo in atto nulla a tutela di medici, infermieri e pazienti ospiti". In quei giorni all’interno della struttura viene affisso un "ambiguo" volantino in cui si dice ai lavoratori di abbassare la mascherina quando non sono vicino agli anziani. Comportamento questo inspiegabile e che, soprattutto, non esclude assolutamente il contagio. Il 7 marzo, una circolare interna al Don Gnocchi detta le norme comportamentali per l’emergenza sanitaria in atto, insieme alle normali raccomandazioni chiede ai lavoratori di "usare la mascherina solo se si sospetta di essere malati". Lasciando così a lavoratori e a eventuali visitatori la discrezionalità di una valutazione quasi impossibile. Una disposizione che lascia a dir poco perplessi i lavoratori che poi, appunto, formalizzeranno la denuncia.

Non solo, è in atto uno scontro con minacce di controdenunce da parte della Fondazione all’avvocato dei lavoratori e delle famiglie, circa il testo di un messaggio diffuso su Instagram, l’8 marzo, dal dottor Paolo Banfi, responsabile Clinico della Riabilitazione Pneumologica. Con questo messaggio il medico lancia in sostanza una raccolta fondi, rivolta a tutti, per dotare il reparto di Pneumologia dell’Istituto Santa Maria Nascente degli strumenti necessari (tipo ventilatori) ad ospitare pazienti Covid provenienti da altre strutture ospedaliere. L’avvocato Reboa deposita il testo della informativa che era circolata, non solo su instragram, ma anche all’interno dll’istituto, su carta intestata alla Fondazione Don Gnocchi. Il documento inizia illustrando la situazione di collasso degli ospedali a seguito della "gravissima epidemia Covid" e termina con la richiesta di un aiuto economico per comperare respiratori. Per lo studio legale Reboa questo dimostra ulteriormente come la gravità dell’epidemia fosse ormai cosa risaputa.

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