Coronavirus, il giudice: "Ce l’ho fatta, sono fortunato. II Tribunale aperto un errore"

Fabio Roia è stato il primo ad ammalarsi a Palazzo di Giustizia insieme alla moglie: “Seconda luna di miele al Sacco..."

Fabio Roia, 59 anni, presidente di sezione in tribunale,

Fabio Roia, 59 anni, presidente di sezione in tribunale,

Milano, 8 aprile 2020  -  «Sono un uomo fortunato perché ce l’ho fatta, però ho avuto davvero paura", ammette. Ma dopo tre settimane in ospedale e due tamponi finalmente negativi è tornato a casa: "Mi stanco presto però, i polmoni devono recuperare elasticità". Non ha ancora compiuto 60 anni Fabio Roia, presidente di sezione in tribunale, il primo magistrato del Palazzo di Giustizia a scoprire di aver contratto il virus a fine febbraio, insieme alla moglie Adriana anche lei giudice: "Dovevamo festeggiare i 25 anni di matrimonio... La seconda luna di miele è stata in una “suite“ d’ospedale".

Ecco come’è andata. "Un po’ di raucedine il venerdì, ultimo giorno di lavoro. Sabato poche linee di febbre, domenica pomeriggio è passata a visitarmi mia sorella medico: nessun sintomo, respiro libero. Tre ore dopo avevo già 38 e mezzo e una polmonite in corso. Terribile". Nella sfortuna, almeno la possibilità, in quei primi giorni di epidemia, di essere curato in un ospedale di livello che non era ancora un lazzaretto. "Un medico che conosco da tempo, per rassicurarmi mi ha invitato a raggiungerlo all’ospedale Sacco dove ha disposto il tampone per me e mia moglie. A tarda sera abbiamo saputo di essere entrambi positivi, ci hanno trasferito in ospedale nella notte in ambulanza". Era il due marzo. Una stanza doppia nella terapia sub-intensiva. "Se ce l’ho fatta è anche perché c’era Adriana con me, da solo sarebbe stata ancora più pesante. Entravano solo medici e infermieri altamente protetti, le nostre due figlie, fortunatamente “negative“, le abbiamo potute vedere solo dal vetro".

A lui riscontrano una polmonite bilaterale, lei è assillata dai dolori muscolari. "La febbre andava e veniva tutti i giorni, anche fino a 39. Due volte ho provato una sensazione di affanno nel respirare e ho avuto davvero paura di morire. Sono credente, ho pregato molto. Di notte non riuscivo a dormire, una volta ho avuto anche le allucinazioni... Con una terapia antivirale e poi il farmaco che si usa per curare l’artride reumatoide, dopo qualche giorno per fortuna è andata meglio". A quel punto, per i due giudici, il trasferimento in una stanza un po’ meno protetta. "Ma è andata avanti tra alti e bassi ancora per due settimane, mentre l’unica cosa che potevo fare era guardare la tivù con i bollettini quotidiani dei decessi che producono quasi assuefazione: sembrano numeri ma bisogna vederle le persone...".

Ha capito come ha potuto contagiarsi? "Entrambi avevamo avuto udienze fino a tre giorni prima... Non ho mai capito perché il ministro non abbia sospeso tutte le attività fin dall’inizio, È stato un errore gravissimo mettere a rischio la salute di tutti i lavoratori del Palazzo. Si deve dare atto invece al presidente della Regione di aver percepito fin da subito - mentre altri facevano gli aperitivi - il pericolo estremo anche a costo di farsi dileggiare quando si presentò in tivù con la mascherina". È stata durissima anche dal punto di vista psicologico. "Ho perso sette chili, mi muovevo in quella stanza a due letti come un criceto in gabbia. Sono stato fortunato, devo ringraziare i medici e il personale sanitario che ci hanno seguito con grande professionalità e pazienza, anche nel rispondere alle mie cento domande giornaliere. Ora sono a casa, ma credo di non aver ancora recuperato l’equilibrio psicologico necessario per tornare a fare il giudice. Ci vorrà un po’. E penso comunque che ciascuno di noi sarà una persona diversa da com’era prima".

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