Coronavirus, "La locomotiva lombarda rischia la paralisi"

Valerio De Molli, ad di Ambrosetti: "Soffrono manifattura, turismo e ristorazione: più tempo passa e più è difficile riprendersi"

Skyline Milano al tramonto

Skyline Milano al tramonto

Milano, 25 febbraii 2020 - Milano riuscirà a riprendersi, ma una situazione di blocco come quella attuale rischia di mettere ko anche una locomotiva come quella meneghina. «Sono fiducioso che ce la farà, ma dipende da quanto andrà avanti questa situazione di stallo». È il pensiero di Valerio De Molli, managing partner e amministratore delegato di The European House-Ambrosetti riguardo agli effetti economici del contagio del Covid19. Quello di Ambrosetti è il principale think tank italiano, il gruppo di esperti che ogni anno a settembre organizza a Cernobbio uno dei più importanti meeting internazionali del mondo finanziario, accademico e politico.

Quali saranno gli effetti economici concreti su Milano e la Lombardia di questa situazione?

«Il fattore dirimente è naturalmente legato alla durata della situazione di blocco. Possiamo partire da un dato: il giro d’affari legato ad attività di ristorazione, intrattenimento e shopping ammonta a quasi 600 milioni di euro a settimana nella sola Milano, e a tre volte tanto considerando l’intera Regione. Una parte di questo giro d’affari è dovuto alle spese dei cittadini del territorio, ma non dobbiamo dimenticare che Milano è, a pari con Venezia, la seconda città per visitatori in Italia, e che la Lombardia attrae il 9,1% del totale dei flussi turistici in ingresso. Inevitabilmente questi flussi sono destinati a ridursi. Se consideriamo che un turista straniero spende circa 390 euro al giorno una riduzione del 10% del numero di turisti – riduzione che sembra piuttosto ottimistica – induce una contrazione della spesa di quasi 9 milioni di euro a settimana».

Come reagiranno, più in generale, i servizi?

«È un settore che genera il 70% del valore aggiunto prodotto nella Regione e ha maggiori capacità di assorbire, nel primo periodo, questa crisi. Ormai lo smart working è così diffuso che la chiusura degli uffici non influenza l’operatività delle imprese, almeno inizialmente».

E la manifattura lombarda?

«La riduzione del commercio verso la Cina ci priva non solo di un importante sbocco, ma soprattutto di un tassello fondamentale nelle catene del valore della manifattura che si rifornisce di componentistica e materiali senza i quali non può continuare a produrre. Una riduzione dell’attività genera poi effetti a cascata sul sistema: basti pensare alla logistica e ai trasporti». In poche parole, la Lombardia riuscirà a riprendersi. «Sono convinto che l’ecosistema milanese sia solido, e possa sopportare una temporanea contrazione dell’attività economica. Certo, se questa contrazione dovesse essere più prolungata gli effetti potrebbero iniziare a manifestarsi con forza, soprattutto nel settore della ristorazione e del commercio al dettaglio. In Lombardia ci sono oltre 110mila imprese operanti nei settori dei servizi al pubblico (come bar, ristoranti e negozi) in cui lavorano oltre 700mila persone. Un prolungato stallo delle attività economiche, se non assistito da un intervento pubblico, potrebbe avere delle ripercussioni anche importanti sulla sopravvivenza degli esercizi commerciali».

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