Milano, 13 dicembre 2024 – Interdizione dagli uffici pubblici e privati per un anno per tre insegnanti di canto del Conservatorio Giuseppe Verdi di Milano accusati, a vario titolo, di corruzione, induzione indebita e falso nell’inchiesta su un giro di presunte tangenti che sarebbero state pagate da studenti, in particolare cinesi, per essere ammessi nella prestigiosa scuola musicale milanese. Fatti commessi, secondo l’accusa, fino al febbraio del 2023. È la misura cautelare eseguita e disposta per i tre professori, per i quali è stato deciso, dunque, lo stop all’insegnamento, dalla gip di Milano Alessandra Di Fazio, nell’inchiesta della Squadra mobile milanese e del pm Giovanni Polizzi. La Procura aveva chiesto gli arresti domiciliari o in subordine le interdittive.
I docenti erano stati interrogati tre giorni fa in via preventiva dalla giudice, come prevedono le nuove norme della riforma Nordio, salvo un quarto professore (anche per lui richiesta di arresto) che si trova all’estero e che sarà interrogato a gennaio. Stando alle indagini, che erano venute a galla già nel febbraio dello scorso anno, gli insegnanti avrebbero preteso acconti tra i 9mila e i 12mila euro a testa su "pacchetti” virtuali di 50-80 lezioni di canto per nascondere, secondo l’accusa, le mazzette che avrebbero chiesto fino a febbraio del 2023.
Docenti che, poi, facevano anche parte delle commissioni che esaminavano i candidati per l’ingresso ai corsi di canto. L’istituto di formazione musicale, il più grande in Italia, è parte lesa nell’inchiesta. La gip nell’ordinanza sulle interdittive spiega che dalle indagini e dagli interrogatori dei docenti è emerso un "quadro desolante” di favoritismi, in cambio di denaro e regalie varie, su candidati ad entrare nella scuola di canto.
"Era un modo di proteggere gli studenti di talento, che potevano essere altrimenti danneggiati in commissione”, si è giustificata una docente. Tra i messaggi acquisiti nelle indagini, ad esempio, uno in cui si diceva: “Prepariamo delle domande che io posso fare a lui, ieri non capiva niente di italiano”. Ci sarebbe stato anche uno scambio di “foglietti con i nominativi dei privatisti” che dovevano passare sempre con l’obiettivo, secondo gli indagati, di “tutelare il talento”.