Confermata la condanna per Davigo: "Ha gettato ombre su procura e Csm"

L’ex pm di Mani Pulite dovrà risarcire il collega Ardita, ha insinuato il dubbio che facesse parte di una loggia segreta

Confermata la condanna per Davigo: "Ha gettato ombre su procura e Csm"

Confermata la condanna per Davigo: "Ha gettato ombre su procura e Csm"

La Corte ha confermato in appello la condanna per Davigo a risarcire Sebastiano Ardita, il cui nome era nell’elenco di coloro che, secondo Amara (a processo per calunnia), avrebbero fatto parte della fantomatica associazione segreta, la Loggia Ungheria. Davigo, secondo quanto emerso dal dibattimento, parlò del caso con i tre componenti dell’epoca del comitato di presidenza di Palazzo dei Marescialli: David Ermini, Giovanni Salvi e Pietro Curzio. Del contenuto di quei verbali informò, in qualche caso mostrandoli, altri consiglieri e l’allora presidente della Commissione parlamentare antimafia Nicola Morra. Nelle motivazioni la Corte (giudici Dalla Libera-Taramelli-Gurini), tra l’altro, muove critiche a Storari, assolto in via definitiva dall’accusa di rivelazione, sostenendo che nelle sentenze che "hanno avallato la sua versione, non si rinviene alcuna giustificazione in ordine alla ragione per cui il pm non abbia ritenuto di percorrere la strada maestra tracciata dall’ordinamento per porre rimedio all’asserito ostracismo del Procuratore" Francesco Greco "al suo anelito investigativo" sui verbali di Amara. Avrebbe dovuto "rivolgersi al soggetto istituzionale" che ha "il compito di vigilanza", ovvero la Procura generale. Per la Corte, "la piena conoscenza" di Davigo "dei limiti delle proprie attribuzioni" esclude "radicalmente, che egli possa poi avere ritenuto di adempiere un dovere". Non credono i giudici alla tesi che le "propalazioni" di Davigo "sarebbero state dettate dalla volontà di riportare la vicenda sui binari della legalità e sventare un gravissimo attacco all’ordinamento giudiziario".

Bastava che l’allora componente del Csm indirizzasse Storari "alla Procura generale" e, se questa strada "non fosse stata percorribile in ragione della ritenuta incapacità del suo reggente (l’Avvocato generale, ndr)", avrebbe dovuto compulsare "il comitato di presidenza" del Csm, affinché decidesse come formalizzare il caso. Invece, l’ex pm di Mani Pulite ha scelto "una sovraesposizione personale". E ha insinuato "quanto meno il dubbio" nei destinatari delle "confidenze" sulla "appartenenza ad una loggia massonica del dott. Ardita".