Milano, commercialista col lavoro in Comune: dovrà risarcire 308mila euro

La Corte dei Conti: per quasi dieci anni ha affiancato lo studio privato all’incarico in una scuola civica

La cerimonia di apertura dell’anno giudiziario 2022 della Corte dei Conti

La cerimonia di apertura dell’anno giudiziario 2022 della Corte dei Conti

Milano, 1 maggio 2022 Per quasi dieci anni si è diviso tra l’ufficio da impiegato comunale e lo studio privato da commercialista. Un doppio lavoro vietato dalla legge e che nel febbraio di cinque anni fa gli era già costato un provvedimento disciplinare da parte di Palazzo Marino, con sospensione dal servizio e tre giorni di mancata retribuzione. Ora Maurizio A. dovrà risarcire all’amministrazione di piazza Scala poco più di 308mila euro, cioè quanto, secondo i giudici della Corte dei Conti della Lombardia, avrebbe incassato illecitamente tra il 2008 e il 2017. La prima segnalazione sulla sovrapposizione tra i due incarichi ha portato a una relazione degli agenti della polizia locale e a successivi accertamenti da parte degli ispettori del Nucleo speciale anticorruzione del Dipartimento della funzione pubblica. Quei report sono finiti sul tavolo dei pm contabili, che hanno quindi messo sotto accusa il professionalista di 57 anni, chiedendone la condanna a risarcire 1,2 milioni di euro. Nel corso del processo, i legali del commercialista hanno chiesto il giudizio abbreviato e proposto il versamento di 150mila euro a chiusura definitiva di ogni pendenza. La richiesta è stata però dichiarata inammissibile, "ritenuto sussistente il “doloso arricchimento” del danneggiante, e valutata altresì non congrua la somma offerta".

Esclusa la possibilità di chiudere in anticipo il procedimento, i giudici sono passati al merito della questione, partendo da una premessa: il dipendente pubblico ha il dovere di comunicare l’esistenza di eventuali incarichi extra all’amministrazione di appartenenza, "per porre in grado quest’ultima di valutarne o meno l’autorizzabilità"; in assenza "di qualsivoglia istanza o comunicazione", il comportamento omissivo "posto in essere in violazione di un preciso obbligo giuridico integra “occultamento doloso”". Il commercialista ha adempiuto all’obbligo soltanto nell’ottobre del 2016, quando ha presentato alla segreteria della scuola civica "Centro di istruzione per l’adulto e l’adolescente" l’istanza di autorizzazione all’esercizio della libera professione di dottore commercialista ed esperto contabile. Troppo tardi, considerato che lo faceva già dal 2008.

"La condotta – si legge nelle motivazioni del verdetto – è stata posta in essere con coscienza e volontà (e dolosamente occultata), vista la sua reiterazione nel tempo e i notevoli introiti cui ha dato causa: non si è trattato, in altri termini, di comportamenti episodici o di scarsa rilevanza, in ipotesi dovuti a errore o a mera superficialità, bensì di condotta volutamente improntata alla violazione delle norme giuridiche, chiare e inequivoche, che disciplinano il regime delle incompatibilità dei dipendenti pubblici, con la finalità di garantirsi utili aggiuntivi rispetto al consentito". La Corte ha però rivisto al ribasso l’ammontare del risarcimento, prendendo in considerazione non i ricavi lordi dello studio (1,2 milioni in nove anni), bensì le dichiarazioni dei redditi presentate da Maurizio A. Totale da risarcire: 308.898,40 euro.

 

 

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