"Quello che non vediamo sta cambiando le metropoli". Nel sottotitolo del 57esimo Annale della Fondazione Giangiacomo Feltrinelli le sfide di Milano: c’è il tema dell’abitare, della digitalizzazione, delle disuguaglianze, delle periferie. “La città invisibile“, appunto, che dà il titolo alla pubblicazione curata da Alessandro Balducci. Oggi alle 18.30 sarà presentata all’interno della rassegna “About a City. Il destino della città“ e di Bookcity. Con Balducci, docente del Politecnico, ci saranno Giovanni Azzone, presidente di Fondazione Cariplo, Stefano Bartezzaghi, giornalista, scrittore e semiologo, e Mara Ferreri del Politecnico di Torino.
Professor Balducci, quali sono le città invisibili oggi?
"Quelle che conosciamo ma cerchiamo di non rendere evidenti o quelle che sono talmente difficili da percepire da essere invisibili. Il cambiamento climatico sta cambiando l’intero pianeta e il 70% dei gas climalteranti è prodotto nelle città, ma è un aspetto poco visibile o tenuto invisibile. Come quello della salute: ci siamo accorti in pandemia che avevamo organizzato un sistema che si era allontanato dai territorio e ora si parla di case di comunità da costruire. Airbnb è intervenuto cambiando il mercato delle locazioni, silenziosamente. C’è il tema dell’invecchiamento della popolazione: si stima ci siano 16mila anziani invisibili nelle loro case a Milano. Ci sono un milione e mezzo di giovani immigrati nati in Italia che non hanno la cittadinanza. E ci sono spazi invisibili: Milano è una città che ha una dimensione più ampia dell’area amministrata. Delle periferie si continua a parlare, ma gli interventi sono episodici".
Che fare, quindi?
"L’ultimo capitolo degli Annali apre alla speranza, perché c’è un’altra dimensione, altrettanto invisibile, che attraverso l’associazionismo e il terzo settore riesce a occuparsi di queste dimensioni: con spazi abbandonati che diventano culturali o spazi di co-working e progettualità da valorizzare. Si possono costruire scenari, partendo da qui. Ci vorrebbero azioni più radicali. Questi annali possono essere un utile strumento e avere implicazioni dal punto di vista delle politiche: permettono di cogliere tutti questi elementi insieme per fare ragionamenti più coraggiosi, dando raccomandazioni pratiche".
Che ruolo hanno le università in questo processo?
"Importantissimo. Anche questo contributo nasce dalle università, che stanno adottando iniziative. Penso agli Off Campus del Politecnico a San Siro e Nolo, ma non solo. Serve sinergia. Questo è l’ultimo annale proposto dal filosofo Salvatore Veca, prima di lasciarci. Siamo partiti da Calvino anche perché, prendendo a prestito le sue parole, vuole essere “un atto d’amore alle città, un sogno che nasce dal cuore delle città invivibili“". Si.Ba.