La prima class action dei ciclofattorini: "Ricorso pilota a livello europeo"

Chiedono al Tribunale di dichiarare illegittimo il contratto di lavoro "pirata"

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Milano, 18 agosto 2021 - La mossa, nel cuore di agosto, arriva dalla Cgil, che porta davanti al Tribunale di Milano la battaglia per i diritti dei rider, che pedalano nelle città svuotate dalle vacanze. È stata depositata infatti una class action, la "prima dei lavoratori della gig economy presentata in Europa e la prima in Italia in materia di diritto del lavoro", per contrastare l’applicazione a livello nazionale del contratto di lavoro siglato il 15 settembre 2020 dall’associazione di categoria Assodelivery e dal sindacato Ugl. Contratto definito "pirata" dagli altri sindacati e dai collettivi dei fattorini, perché peggiora condizioni di lavoro già precarie, al centro di una battaglia sfociata in manifestazioni sulle strade e ricorsi in Tribunale.

Alla base della class action depositata al Tribunale di Milano, città italiana dove hanno sede legale le multinazionali del settore, una sentenza di Bologna che a luglio, accogliendo un ricorso per condotta antisindacale, ha dichiarato illegittimo l’accordo stipulato da Assodelivery con un solo sindacato considerato non rappresentativo (Ugl), imposto ai rider "come condizione per poter continuare a lavorare". Il contratto, spiegano le tre categorie della Cgil coinvolte (Nidil, Filcams e Filt), "sancisce il cottimo come forma di retribuzione limitando i diritti dei lavoratori delle piattaforme. La class action è una iniziativa nuova dai possibili effetti dirompenti per il mercato del lavoro. Un esito positivo consentirebbe, infatti, a tutti i rider di avere retribuzioni adeguate e condizioni di lavoro parametrate alla contrattazione collettiva di settore". Il contratto "pirata" con Ugl aveva anche spaccato il fronte di Assodelivery. Just Eat, fuoriuscita dall’associazione, ha scelto di inquadrare i rider della flotta con un contratto di lavoro subordinato, diverso da quello applicato dalle altre piattaforme.

E il tavolo romano aperto ormai nel lontano 2018 dal ministero del Lavoro per cercare un accordo su regole condivise sembra essersi arenato. Nel frattempo sono cambiati tre ministri (Di Maio, Catalfo e Orlando), la pandemia ha sparigliato le carte e il tema dei ciclofattorini sembra essere uscito dall’agenda politica. "Con questa ulteriore iniziativa giudiziaria – spiega il sindacato – la Cgil interviene su uno dei principali fattori distorsivi della contrattazione del settore e di precarizzazione del lavoro tra i rider, che ha impedito fino ad oggi di avviare un dialogo trasparente e costruttivo".  

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