Milano, Città Studi senza i ragazzi: "Una desolazione"

È presto per le lezioni universitarie ma gli anni scorsi era già aperta la caccia alla stanza per chi arrivava da fuori. Ora è il vuoto

Il Politecnico senza il consueto viavai di insegnanti e studenti

Il Politecnico senza il consueto viavai di insegnanti e studenti

Milano, 3 settembre 2020 - Il settembre anomalo di Città Studi. Senza gli studenti e il loro brio, nel quartiere universitario domina una nota di desolazione. «Anche se le lezioni del Politecnico e della Statale iniziano in genere dal prossimo mese, negli altri anni in questo periodo c’era già un gran fermento. La prima settimana di settembre si inaugurava la “caccia“ della stanza giusta da parte di chi veniva da fuori. Altri ragazzi andavano nelle biblioteche dei due atenei. Adesso è tutto diverso» spiega Davide Biagini, titolare del bar «30 e lode» di via D’Ovidio, vicino alla fermata di Piola. Un locale, come si evince dal suo nome, legatissimo al mondo universitario che era abituato a consumarvi un rito scaramantico: toccare dei corni portafortuna.

Da mesi il rito prima dell’esame o della tesi non si consuma quasi più: «Gli studenti stranieri sono tornati nel loro Paese già durante il lockdown, potendo seguire le lezioni e fare gli esami a distanza. Dei nostri clienti è rimasto in città solo un ragazzo cinese». Anche qui, poi, si registra il fenomeno del «South working», la fuga verso il Sud resa possibile dal lavoro e dallo studio da remoto: «Molti studenti hanno preso le loro cose e sono tornati nel Meridione» conferma Biagini.

Inevitabile il calo degli affari: «Al mattino sfornavo 160 brioche, adesso una cinquantina. Ci salvano i residenti». Pesa al barista, che ogni giorno sulla lavagna scrive un aforisma comico, la mancanza di un pubblico giovane che apprezzi la sua vis goliardica. Non solo settembre, è «un anno irriconoscibile» per un’altra istituzione di Città Studi, il «Bar Verde», appena riaperto. A dispetto dell’appellativo, è un chiosco che sorge di fronte alla facoltà di Architettura, in via Ampère.

«Per la prima volta in 30 anni di attività abbiamo tenuto chiuso per sei mesi » afferma la titolare, Maria Elisabetta Galiotto, 76 anni, che dietro il bancone raccoglie gli sfoghi degli universitari. «A loro la didattica a distanza non piace» assicura. Annuisce una studentessa 23enne della laurea magistrale di Architettura, Clarissa Repaci: «Sono felice che almeno in parte le lezioni torneranno in presenza col nuovo anno accademico». Ma non basta: «Mi auguro che il Politecnico riapra al più presto il “patio“, lo spazio sotterraneo dove vengono a studiare anche i ragazzi delle altre facoltà. Un luogo di contaminazione di idee ma anche di formazione. Perché la progettazione, in architettura, è sempre un processo collettivo, impossibile da portare avanti in videoconferenza». Un giudizio sull’e-learning da futuro ingegnere gestionale è quello di Lorenzo Mameli, 24 anni: «Il vantaggio di stare a casa è l’ottimizzazione dei tempi». Con una postilla: «A prezzo, però, della socialità».

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