ANNAMARIA LAZZARI
Cronaca

Addio allo storico Naviglio Più, il Made in Usa che conquistò Roberto Baggio e Simon Le Bon

Dopo 42 anni di attività chiude il negozio di abbigliamento militare di Ripa di Porta Ticinese. Il titolare Max Privitera: "Su Internet le copie taroccate costano la metà, impossibile resistere"

Max Privitera, 60 anni, davanti al suo negozio di Ripa di Porta Ticinese

Max Privitera, 60 anni, davanti al suo negozio di Ripa di Porta Ticinese

Milano – Addio a Naviglio Più : diventerà l’ennesimo locale. Questione di giorni, forse di settimane, e il negozio di abbigliamento e accessori militari di Ripa di Porta Ticinese al 33, chiuderà i battenti dopo 42 anni di storia. Aveva già dimezzato i suoi spazi cinque anni fa.

"Come si fa a rimanere in piedi quando vendi un giubbotto originale a 79 euro e su internet c’è la copia taroccata che costa la metà?", dice il titolare Massimo ‘Max’ Privitera, 60 anni, facendo capire le ragioni che lo hanno portato alla scelta (per una volta non c’entrano gli affitti d’oro) e anche lo spirito di un presente che non bada troppo alla sostanza, neppure delle cose. Lo store ha aperto i battenti nel 1982, da un’idea del suocero Giuseppe Montagna, e della moglie di Max, Stefania, innamoratisi dei surplus statunitensi. Dall’America importano non solo i capi militari ma anche una certa idea di allestimento, con la copia in vetroresina del “muso“ di una Chevrolet che fa da bancone e la statua di un marine a grandezza naturale. Non c’è alcun riferimento a un’ideologia, però: "A me della politica importa un fico secco", taglia corto Max, che tiene solo ai suoi "amici".

Non solo i clienti più affezionati, ma le centinaia di persone che da Naviglio Più ci hanno passato interi pomeriggi, chiacchierando del più e del meno. Fra gli habitué, la poetessa Alda Merini che abitava qui vicino. "È stata una delle persone più intelligenti che abbia mai conosciuto e senza dubbio la più generosa. Non ha mai comprato nulla per sé ma solo giubbotti, pantaloni e maglioni per chi la conosceva. Pagava con banconote tutte accartocciate che tirava fuori dalle tasche, anche dal montone che si ostinava a indossare pure a giugno. Erano sempre troppi soldi quelli che mi dava e io glieli restituivo. Ma lei alle cose materiali non ci badava".

Altra perla dalla metà degli anni Ottanta: "Un giorno in negozio c’era solo la mia commessa, Pina, pace all’anima sua, che tanti scambiavano per mia madre... Entrano i Duran Duran e lei è l’unica donna al mondo a non riconoscerli. Simon Le Bon compra un bomber viola che indossa al concerto di Milano la sera stessa, gli altri componenti della band dei baschi neri. Ma io tutto questo l’ho scoperto il giorno successivo, quando il cantante è tornato per riprendersi la macchina fotografica che aveva dimenticato. Per ringraziarmi mi ha regalato il bomber da lui indossato".

Indimenticabili poi le incursioni di Roberto Baggio quando militava all’Inter alla fine degli anni Novanta. "Ogni tanto comprava delle magliette ma veniva anche solo per sfogarsi, quando il mister lo faceva arrabbiare. Si camuffava ma era inutile, la gente lo riconosceva e si arrampicava sui vetri per vederlo. È un vero signore". dice Max.

A un certo punto anche Max ha il suo quarto d’ora di celebrità, dopo l’attentato alle Torri Gemelle del 2001. "Il giorno dopo l’11 settembre il locale viene preso d’assalto perché si era diffusa la psicosi dell’antrace e la gente voleva a tutti a costi la maschera anti-gas. Arrivano anche le telecamere del Tg1 e del Tg5: la mia intervista va in onda la sera e viene vista da milioni di persone… Per un mese la gente mi ha fermato per strada, il telefono del negozio era impazzito. È durato poco, ma senza rimpianti. A differenza di adesso…".