Sos cemento, mezza Lombardia perde campi

Consumato il 12% del suolo con punte del 40,5% in Brianza. L’allarme degli scienziati: erose superfci importanti per l’ecosistema

Roberto Comolli

Roberto Comolli

Milano, 9 settembre 2020 - Quasi 288mila ettari, il 12% della superficie totale: 286 metri quadrati per abitante. Numeri che fanno del consumo di suolo in Lombardia un «fenomeno irreversibile». Roberto Comolli, professore al dipartimento di Scienze dell’ambiente e della terra dell’Università degli Studi di Milano Bicocca, insegna pedologia, la scienza che studia il suolo. 

I numeri sono preoccupanti? «I numeri non dicono tutto. Partiamo dai numeri, ma è riduttivo valutare con il metro dell’ettaro in più o in meno consumato da un anno all’altro. Guardando la mappa della Lombardia sul consumo di suolo alla fine dell’anno scorso emergono due considerazioni: il terreno perso è un fenomeno che ci portiamo dietro da diverso tempo e non possiamo più recuperarlo. È un problema che, come si vede dalla cartina che illustra con diversi colori le quantità di suolo eroso, riguarda una fascia specifica della regione: l’area del Milanese, Varese, Como, Lecco, Bergamo e lambisce Brescia. Il grosso è qui: la provincia di Monza e Brianza ha consumato il 40,5% della superficie totale, è un dato altissimo. Nella zona di Milano si scende al 31,5% perché c’è il Parco Sud che in parte diluisce il dato. Stessa considerazione vale per Varese: il 21% è mitigato dalla parte montuosa, mentre nella zona pianeggiante la percentuale è più alta».

Qual è il trend degli ultimi anni? «Dopo aver consumato il suolo nella fascia dove si concentrano i numeri più alti, negli anni più vicini a noi ci si è spostati nella zona a sud della Lombardia. Quando si atterra a Malpensa o a Linate di notte si ha la sensazione di arrivare in un’unica grande metropoli: il consumo di suolo ha raggiunto il 12% in una regione che ha parecchie montagne e purtroppo non può regredire. È destinato ad aumentare anche se non sta più crescendo a ritmi folli anche per la congiuntura economica non favorevole».

Cosa preoccupa più di questi numeri? «Al di là di quanti ettari persi c’è una valutazione della qualità dei suoli, delle loro capacità produttive ed ecosistemiche, che non viene presa in esame. Quando ragioniamo di perdita invece non consideriamo mai la qualità: spesso si perdono proprio i suoli migliori che in altri Paesi sono protetti per legge. Se si vogliono consumare bisogna affrontare una procedura burocratica specifica che da noi manca. E poi c’è un altro aspetto che viene sottovalutato».

Quale? «Se la realizzazione di nuove strade non è adeguatamente pianificata, porta alla frammentazione dei terreni. Un campo agricolo attraversato da una statale diventa di difficile gestione per un agricoltore e viene abbandonato. Il risultato è lo scenario a cui assistiamo a nord di Milano dove la forte frammentazione delle superfici ha provocato l’abbandono dell’attività agricola e il passaggio alla destinazione forestale. Ecco perché i boschi aumentano in Lombardia a discapito dei terreni coltivati».  

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