Cassano, il racconto: "I miei due anni d’inferno vittima di stalking"

Una donna di 56 anni ripercorre le offese e gli insulti che ha dovuto sopportare pubblicamente via social. Adesso il suo aguzzino è in carcere

La sentenza ha confermato la condanna a 3 anni e due mesi di reclusione per atti persecuto

La sentenza ha confermato la condanna a 3 anni e due mesi di reclusione per atti persecuto

Cassanod 'Adda (Milano), 3 aprile 2022 -  "Sei lurida". "Per me non vali un c…". Da due anni, con post e fotografie, perseguitava pubblicamente via social la donna che lo aveva lasciato. È finita. Una sentenza della Corte d’Appello di Milano emessa nei giorni scorsi non solo ha confermato in secondo grado la condanna a 3 anni e due mesi di reclusione per atti persecutori a carico dell’uomo, Gianfranco S., 56enne di Arbus, in Sardegna, libero professionista, un precedente sempre per stalking ai danni, nel 2013, dell’ex moglie. Ma cancella i domiciliari e lo spedisce in carcere, per "ininterrotte violazioni delle ordinanze" e a tutela della donna. La vittima della sua malata ossessione, R.A., 56enne di Cassano d’Adda, ora prova a respirare. E sceglie di raccontare.

"Due anni e mezzo di non vita che mi hanno messo a dura prova. Lui ha cercato di distruggere me e la mia reputazione. La mia persona è stata messa alla berlina, i miei affetti e amici coinvolti. Ho capito cosa significhi essere nella mente di un persecutore. Alle donne dico: denunciate. Queste persone vanno fermate". Lo stalking soprattutto su Facebook. Ma anche con messaggi e telefonate. Persino sui muri, quelli della cittadina sarda di dove anche R. è originaria. E dove, nei giorni successivi alla sentenza di primo grado, era comparsa una scritta a caratteri cubitali: "Puttana, ora fattene un reggimento".

Tutto inizia nel 2019. Fra i due una brevissima relazione. Poi lei decide di rompere. "Una sera, dopo una scenata, dovetti chiamare i carabinieri per allontanarlo. Faceva avanti e indietro da ore, fuori dal mio giardino". Di lì, l’incubo. L’uomo imperversa sui social, da più profili, persino sui gruppi locali dove intreccia strategiche relazioni. Si rivolge a R. chiamandola per nome e cognome, pubblica ossessivamente le sue foto, alterna ricordi romantici a frasi rabbiose, non risparmia epiteti e riferimenti sessuali espliciti, talvolta minaccia. "Non ti meriti nemmeno il c.... per quanto sei messa male". "Tranquilla, che non passerai più inosservata. Maestra del c...". Si rivolge citandoli a familiari, amici e conoscenti. Tre, quattro, cinque post al giorno. Contatta persino la scuola materna dove lei lavora. La prima querela ai carabinieri nel febbraio 2020. Ne seguiranno, in due anni, diciassette. In un faldone centinaia di screen stampati. La prima condanna il 18 giugno 2021. Nello stesso anno una prima sospensione dei domiciliari e un breve periodo di detenzione, poi sospeso dal riesame, e "che - così l’ordinanza della Corte - non è servito comunque da monito all’imputato".

A fianco di R. l’avvocato Antonella Quadri: "Un episodio, purtroppo, tra tanti, troppi altri. Le donne vanno tutelate". E il Centro Antiviolenza della Rete Viola, "cui mi sono rivolta inizialmente con riluttanza. E che mi ha seguito in un modo che mai mi sarei aspettata - così R. -. Sostenendomi quando ero a pezzi, non mangiavo e non dormivo più. Aiutandomi a capire che non avevo nulla di cui vergognarmi". La speranza: "Ritrovare la serenità. La paura ora è passata: so che la giustizia arriva". L’appello alle altre. "Denunciate. Una v olta, due, tre, venti. Non vi fermate. Non vi fermate davanti a nulla, e sino al risultato. Lui ha cercato di annientarmi, ma sono stata tenace. E fortunata".

 

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