
Giorgio
Goggi*
La Milano che vorrei dovrebbe recuperare molto della sua migliore tradizione. Per iniziare posso citare i quartieri di case popolari, di edilizia pubblica e di cooperative. Dico case popolari perché non amo l’eufemismo di “edilizia sociale” (...) La stampa ha riportato la notizia dell’indagine della Banca d’Italia che ha rilevato che quasi il 40% delle famiglie in affitto e il 30% di quelle indebitate ha difficoltà a pagare gli affitti e le rate di debito. Non è solo l’effetto della pandemia ma è anche il sintomo che a Milano qualcosa non funziona: la crescita dei grattacieli, la massa di case costruite per gli alti redditi, lo svuotamento di interi palazzi per farne miniappartamenti a canone elevato, hanno lasciato ben poco mercato per le abitazioni a prezzi calmierati. Se poi vediamo l’area del bisogno di edilizia pubblica, secondo il Rapporto al Consiglio Regionale presentato nel marzo 2019 le domande giacenti di servizi abitativi pubblici a Milano erano 25.192. Ben più dei 3.000 alloggi di cui parla il Sindaco Sala nell’intervista del 19 marzo e ben più della scarna riserva di edilizia sociale prevista nell’accordo di programma degli scali ferroviari (per lo più prevalentemente di edilizia convenzionata). Gli effetti della pandemia lasceranno nel bisogno masse sempre maggiori di famiglie. È pur vero che l’edilizia residenziale pubblica è diventata di competenza regionale, ma c’è uno strumento che i comuni ancora possiedono e sarebbero obbligati ad utilizzare, infatti la legge 167 non è mai stata abrogata, né è stata disapplicata dalla legge 12 regionale.
Il primo articolo recita: “i Comuni con popolazione superiore ai 50.000 abitanti (...) sono tenuti a formare un piano delle zone da destinare alla costruzione di alloggi a carattere economico o
popolare, nonché alle opere e servizi complementari, urbani e sociali, ivi comprese le aree a verde pubblico”. Da anni quest’obbligo non viene assolto. Il Comune deve avere il coraggio di intraprendere di nuovo questa strada, che per Milano sarebbe molto più agevole perché il suo ingente patrimonio di aree in proprietà consentirebbe di non utilizzare lo strumento dell’esproprio.
*Architetto