Milano, dal carcere di Opere alla scuola edile: il progetto di reinserimento dei detenuti

Progetto pilota ideato da don Rigoldi per un bacino potenziale di 600 persone recluse. Ma il lavoro nei penitenziari resta un’opportunità per pochi: mancano spazi e risorse

Operai in un cantiere edile (foto d'archivio)

Operai in un cantiere edile (foto d'archivio)

L’idea è partita da don Gino Rigoldi, da sempre in prima linea nelle carceri, per offrire ai detenuti di Opera "un lavoro che significa dignità, in grado di fornire i mezzi per realizzare un nuovo progetto di vita". Per la prima volta, attraverso un accordo tra amministrazione penitenziaria, sindacati, costruttori e Umana - l’ente di formazione Esem e Fondazione Don Rigoldi - viene aperta una scuola edile all’interno del carcere, con l’obiettivo di formare detenuti in grado di lavorare nei cantieri del Milanese, oltre le mura di Opera.

Il bacino di potenziali partecipanti è di circa 600 detenuti (con almeno un terzo della pena già scontata) che a turno e in varie fasi potranno partecipare ai corsi in un laboratorio attrezzato e accedere a progetti di reinserimento lavorativo. "Questa iniziativa – sottolinea don Gino Rigoldi – è un passo verso la piena attuazione dell’articolo 27 della nostra Costituzione: i detenuti hanno ora la possibilità di costruire il proprio futuro in un percorso che inizia all’interno del carcere e, grazie all’applicazione dell’art. 21 dell’ordinamento penitenziario, si conclude nella società civile".

Opportunità di lavoro quindi in un settore in espansione come quello dell’edilizia, alla ricerca di personale da impiegare nei cantieri. Nelle carceri, d’altra parte, sono ancora pochi rispetto al potenziale i detenuti che accedono a percorsi di lavoro, soprattutto all’esterno. Su un totale di 54.841 detenuti in Italia, i lavoranti sono complessivamente 18.654. Di questi 16.181 sono alle dipendenze dell’amministrazione penitenziaria, mentre i lavoranti non alle dipendenze dell’amministrazione secondo gli ultimi dati del ministero della Giustizia sono solo 2.471.

I detenuti potenzialmente pronti per un nuovo lavoro, anche all’esterno del carcere, sono oltre 2.300. "Il lavoro – sottolinea Silvio Di Gregorio, direttore di Opera – è lo strumento principale non solo del trattamento penitenziario, ma anche per avere una vita dignitosa. Questo accordo offre una incredibile opportunità sia ai detenuti, che potranno mettere a disposizione le proprie competenze e ricevere una giusta retribuzione, sia alle imprese che potranno trovare quella manodopera qualificata e certificata che il mercato del lavoro oggi non riesce ad offrire".

Imprese che contano di attuare i primi inserimenti entro i prossimi tre mesi, con modalità che verranno di volta in volta definite nell’ambito dei programmi di trattamento predisposti dalla direzione dell’istituto e sottoposti alla magistratura di sorveglianza per l’approvazione. "Mettiamo la prima pietra per la creazione di una vera scuola edile – spiega la presidente di Assimpredil Ance Regina De Albertis -. Noi imprenditori siamo pronti ad aprire i nostri cantieri, nella consapevolezza di quanto il lavoro sia elemento fondamentale per la dignità della persona e che rappresenti un’opportunità importante di reinserimento sociale per persone in stato detenzione".

Un percorso condiviso anche dai segretari generali milanesi dei sindacati dell’edilizia Katiuscia Calabretta (Fillea-Cgil), Alem Gracic (Filca-Cisl) e Riccardo Cutaia (Feneal Uil): "In una fase espansiva del settore siamo molto orgogliosi di poter offrire delle opportunità di qualificazione e reinserimento nel mercato del lavoro, mettendo a disposizione il nostro sistema bilaterale e le nostre competenze sindacali, per i detenuti del carcere di Opera".

Un nuovo passo dopo la firma del protocollo d’intesa per l’apertura degli Sportelli Lavoro e Diritti, che forniranno servizi al lavoro, informazioni e prestazioni sociali all’interno degli istituti di pena di Bollate, Opera e San Vittore. Il direttore di Opera aveva già evidenziato nei giorni scorsi, durante un’audizione in commissione a Palazzo Marino, le difficoltà relative all’inserimento lavorativo dei detenuti, anche per una carenza di spazi adeguati: "Il lavoro non c’è per tutti quelli che vorrebbero lavorare. Per questo abbiamo proposto di aumentare gli spazi coperti da destinare alle lavorazioni". Nello specifico 2.400 metri quadrati a cui si aggiunge un ulteriore fabbricato di circa 300 mq: spazi destinati ad aziende come Sky, che ha già assunto 16 detenuti con la possibilità di arrivare a 100, intenzionate a "portare il lavoro dentro il carcere".

 

 

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