Gianbattista Anastasio
Cronaca

Lo sfogo del capotreno sulla linea del machete: "Qui ci vuole l’esercito"

Viaggio sulla S14. I biglietti? Meglio non controllarli

I rilievi dopo l’aggressioneDISPERAZIONE Sconcerto in stazione per le condizioni del capotreno

I rilievi dopo l’aggressioneDISPERAZIONE Sconcerto in stazione per le condizioni del capotreno

Milano, 15 giugno 2015  – Mi mette il biglietto tra le mani con la stessa compassione con la quale si dà ragione ai matti. Ho insistito fino all’ultimo per averlo. E lui ha aspettato fino all’ultimo a farmelo. Nessuna ressa, nessuna asta, nessun miglior offerente da apettare alla faccia mia: lui è un capotreno di Trenord, da 20 anni, io un passeggero un po’ più interessato di altri. È sabato notte, quel biglietto consente semplicemente di attraversare il buio a bordo del passante ferroviario ed entrambi vorremmo essere altrove. Invece eccoci lì: il controllore che non controlla, il controllato che pretende di essere tale. Gioco di ruoli rovesciati. Perché sulle linee suburbane e regionali le regole hanno le ore contate e quando cala la sera vanno a nanna. Il sonno dei giusti? Il capotreno avrà di che obiettare. Un sonno da venerdì pure benedetto dai sindacati: sono stati loro ad esentare il personale di bordo di Trenord dal controllare i biglietti dalle 19 in avanti. Una protesta contro quella solitudine in cui versano i ferrovieri che solo giovedì sera aveva infine contribuito alla folle aggressione col machete. Io e il mio controllore sabato notte siamo proprio lì, sulla linea S14, quella che unisce Rogoredo a Rho passando per Villapizzone, la stazione all’altezza della quale i capitreno Carlo Di Napoli e Riccardo M., trentenni entrambi, sono stati assaliti da una gang di giovani sudamericani.

"Che protesta è, quella decisa dai sindacati?" chiede il capotreno nell’afa appiccicosa dei vagoni a proposito dello sciopero dei controlli. La domanda è retorica, la risposta sta in quattro lettere: «resa» più che protesta. "Così – dice Silvano – ci rimette la gente onesta che il biglietto lo paga e l’ha sempre pagato". Piuttosto "bisognava bloccare i treni per giorni perché si è superato ogni limite". Per quanti giorni, a proposito di limite? "Fino a quando le istituzioni non prendono provvedimenti seri: nelle stazioni e sui treni ci vuole l’esercito", scandisce il capotreno. La notte è fonda ma un po’ più corta, ora che ha sciolto il suo sfogo. Il treno partito da Rogoredo è appena arrivato a destinazione, a Rho. "Sto giro è andato". I padiglioni dell’Expo all’orizzonte, il rumoreggiare dei visitatori in sottofondo, in attesa sulle banchine una ventina di persone e sembrano tantissime rispetto ai vagoni del treno S14, pieni solo degli spettri, dei fantasmi e delle paure rimasti lì da giovedì sera. Non fosse per un mendicante di neanche vent’anni che quei fantasmi li sfida per soli 10 centesimi in più nelle tasche: sa dove si trova? Non fosse per la famigliola che mangia contenta a bordo come in un pic-nic al parco: è quell’odore di panino al prosciutto che certe notti, su questi treni, accompagna e precede l’odore della paura? Non fosse per una bimba, manco a farlo apposta sudamericana come i suoi genitori, che grida e fa la voce grossa tra l’imbarazzo di mamma e papà: quanti anni avrà? Uno, due, tre? Quanto è piccola? E quanto è grande esattamente un machete? Domande che corrono in parallelo come i binari, salgono e scendono dalla testa con la velocità di quel fendente. Nessun nesso: spettri, appunto.

"Se la tua azienda vuole andare lontano, portala in stazione" recitano i pannelli pubblicitari che scandiscono gli scali del passante. Spot di chi campa affittando spazi per spot senza che ci riesca. Non qui. Una prova che il passante è retrobottega non vetrina, sottobosco non belvedere. Poco importa che la S14 sia stata attivata per la grande Expo. "Andare in stazione per andare lontano" dicono i copywriter. Un assist perfetto quanto involontario per i capitreno:  "Lontano sì, fino al Creatore". Ironia. Manco tanto però. Il mio controllore come già il suo collega del treno precedente, in marcia opposta da Rho a Rogoredo, il diktat dei sindacati lo rispettavano prima che fosse proferito. "Con gli anni impari ad evitare problemi: se ci sono soggetti e situazioni potenzialmente pericolose, è meglio non insistere coi biglietti. Non ci volevano i sindacati per arrivarci. Non siamo poliziotti". Così è andata anche sabato notte. Prima della partenza, a Rogoredo, avevo segnalato di essere senza biglietto, coperto solo in parte dall’abbonamento urbano Atm. "Si accomodi, passo dopo" mi aveva risposto il capotreno. Le fermate si sono però succedute invano. Arrivati a Certosa - penultimo stop prima di Rho - eccomi andare incontro al capotreno fingendo di non sapere dove fossimo. È allora che lui mette da parte il disco orario, mi segue fino al mio posto, mi si siede accanto e mi fa il biglietto. È allora che ci guardiamo con reciproca compassione. Io controllore, lui controllato.

giambattista.anastasio@ilgiorno.net

è arrivato su WhatsApp

Per ricevere le notizie selezionate dalla redazione in modo semplice e sicuro