La fotografia è desolante: è vero che per 33 mesi chi avrebbe dovuto segnalare i trasgressori della normativa sul reddito di cittadinanza non lo ha fatto, ma è altrettanto vero che dirigenti e impiegati non sono stati messi nelle condizioni di farlo, stretti tra l’enorme mole di lavoro piombata all’improvviso sulle loro teste, la cronica carenza di personale e la disorganizzazione generale. Alla fine, nessuno pagherà per una gestione a dir poco deficitaria. Tantomeno i due ex dirigenti di Afol Metropolitana e i due della società Eurolavoro ai quali la Procura della Corte dei Conti aveva chiesto di risarcire un danno patrimoniale da 1,1 milioni all’Inps: i quattro sono stati assolti perché i giudici non hanno ravvisato i presupposti per addebitare loro una responsabilità per colpa grave.
L’indagine dei pm contabili e della Guardia di Finanza prende linfa nell’ottobre del 2021 da un articolo pubblicato sul Giorno, che denuncia "condotte omissive da parte dei centri per l’impiego della Lombardia relativamente al controllo dei comportamenti dei percettori del reddito di cittadinanza al fine dell’applicazione dei provvedimenti sanzionatori".
Il nodo del contendere ruota attorno all’articolo 4 del decreto-legge numero 4 del 2019, che prevede che i beneficiari dichiarino l’immediata disponibilità al lavoro entro trenta giorni, così da innescare quel circolo virtuoso che dovrebbe rendere il Rdc soltanto un sussidio temporaneo in attesa di trovare un’occupazione. Gli accertamenti investigativi delle Fiamme gialle confermano i sospetti e fanno emergere che alla data del 31 dicembre 2021, quindi a quasi tre anni dall’istituzione del sussidio-bandiera del Movimento 5 Stelle (cancellato nel gennaio 2024 dal governo Meloni), i casi di mancata presentazione senza giustificato motivo alle convocazioni sono stati 8.137 per i centri per l’impiego di Corsico, Melzo, Milano, Cinisello Balsamo, Rho, Rozzano e San Donato Milanese e di 1.245 per i centri di Legnano e Magenta. Peccato che delle assenze ingiustificate, ricostruiscono gli investigatori, non sia stata inviata alcuna comunicazione all’Agenzia nazionale politiche attive del lavoro (Anpal), impedendo così all’Inps di applicare le sanzioni e causando un "cospicuo danno erariale" stimato in 4,4 milioni di euro.
Nel mirino finiscono i responsabili di Afol (agenzia della Città metropolitana specializzata in formazione e orientamento al lavoro), di Eurolavoro (società consortile partecipata al 60% da Palazzo Isimbardi) e dei centri per l’impiego. Le controdeduzioni difensive riducono il numero di imputati da 16 a 4: la Procura archivia le posizioni dei responsabili dei centri per l’impiego e dei dg pro tempore di Afol; restano in piedi le accuse nei confronti di quattro dirigenti dell’epoca di Afol ed Eurolavoro, a cui vengono contestati danni da un minimo di 33.697 euro a un massimo di 567.345 euro. Totale: 1.107.382 euro.
L’ex capo divisione del Personale, in carica per 5 mesi e 20 giorni dal 10 dicembre 2020 al 31 maggio 2021, controbatte che al suo arrivo "il processo che faceva capo all’attuazione dell’istituto del Rdc non era mai stato avviato" e che ai tempi aveva dovuto imbastire tutto da zero, con una serie di problematiche da affrontare: la difficoltà di convocare i beneficiari in epoca Covid, con gli operatori "per lo più in smart working"; i problemi informatici legati alla piattaforma Siul della Regione; l’assenza di regole sulle procedure legate all’eventuale violazione delle norme (fornite da Palazzo Lombardia solo il 29 dicembre 2022); la mancata risposta del dg all’autorizzazione alla spesa per le raccomandate da inviare ai beneficiari (in caso di mail e sms finiti nel vuoto). Un altro funzionario, dal canto suo, mette in evidenza un inestricabile cortocircuito: l’eventuale segnalazione all’Inps per la mancata presentazione "alle attività previste da un Patto per il lavoro sottoscritto in difformità dalle previsioni normative" avrebbe esposto l’azienda "a un grave rischio di possibili contenziosi, dal momento che la decurtazione di alcune mensilità o la decadenza dal Reddito sarebbe stata determinata dalla mancata fruizione di servizi erogati come puri adempimenti formali e non come attività di reale ricerca di un’occupazione lavorativa". Senza contare che nel giugno 2021 "l’ente presentava una notevole carenza di personale rispetto agli adempimenti da svolgere (118 unità anziché 300)".
Per i giudici, le violazioni accertate dalla Finanza non possono essere attribuite ai dirigenti. Per un motivo su tutti: personale, mezzi e struttura aziendale erano "assolutamente inadeguati" ad affrontare i gravosi compiti legati al Rdc. Basti dire che al momento in cui uno dei funzionari prese servizio, il 21 giugno 2021, "la Divisione Lavoro di Afol non era nemmeno dotata di un sistema di audit che controllasse le attività della divisione e che consentisse al capo divisione di conoscere i dati relativi alle convocazioni". Un mezzo disastro, insomma. Senza colpevoli.