Milano, via libera al cantiere di via Meda 11: "La moschea non ha diritto di veto"

Respinto il ricorso degli islamici della Coreis. Al posto dell’autorimessa sorgerà un palazzo di sei piani

Un articolo de Il Giorno

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Milano - «La libertà religiosa della Comunità non si traduce in una posizione di “tirannia” di tale diritto su quello dei titolari delle aree limitrofe". Detto altrimenti: il concetto di limite è insito nel concetto di diritto, come ha sancito la Corte Costituzionale più di 60 anni fa. Così i giudici del Tar della Lombardia hanno motivato il "no" al ricorso presentato dall’associazione islamica Coreis contro il progetto della società Disegnare srl, che prevede la costruzione di un palazzo di 6 piani (al posto di un’autorimessa chiusa da anni) di fianco alla moschea Al-Wahid di via Meda 9. Quindi, i giudici hanno dato via libera al piano di ristrutturazione edilizia (con cambio di destinazione d’uso) già approvato dal Comune e dagli altri enti coinvolti nel complesso iter procedurale (Conferenza di Servizi, Sportello unico per l’edilizia del Municipio 5, Commissione Paesaggio, Area Bonifiche, Arpa e Ats Metropolitana). Tutti atti che nel 2021 sono stati impugnati dalla comunità presieduta dall’imam Yahya Sergio Pallavicini, tra le voci più autorevoli dell’Islam aperto e moderato, per opporsi a un’iniziativa "adottata senza il coinvolgimento" della Coreis e che "comporterebbe una lesione dei diritti di libertà religiosa nonché delle prospettive edificatorie degli immobili di cui la comunità usufruisce e che risultano funzionali alle attività di culto". In particolare, i legali dell’associazione hanno sostenuto l’illegittimità dell’operazione di restyling, perché autorizzata senza "la preventiva acquisizione di un’intesa con la Comunità, il cui luogo di culto è inserito nel Piano delle attrezzature religiose del Comune".

I giudici hanno riservato buona parte delle motivazioni all’analisi del concetto di "spazio religioso", spiegando che non si tratta soltanto di "un qualcosa di identitario (con conseguente restrizione della libertà in esame ai soli edifici, variamente denominati secondo i vari culti, che assumano simile generale valenza)", bensì dell’oggetto "di un bisogno materiale necessario per soddisfare le esigenze di aggregazione tipiche di un fenomeno (anche) sociale e culturale come è la religione". Di più: "In quanto strumentale allo sviluppo della persona umana, lo “spazio religioso” non è solo un bene preservato da indebite ingerenze dei pubblici poteri, ma è l’oggetto di un obbligo positivo della Repubblica, chiamata a rimuovere eventuali ostacoli di ordine economico o sociale che possano precludere simile sviluppo della vita interiore e sociale dell’individuo". Fatta questa doverosa premessa, la necessità di garantire la libertà di culto non può ignorare le "ulteriori situazioni soggettive" eventualmente coinvolte dall’azione amministrativa, nel solco del "ripudio della logica dei cosiddetti diritti tiranni, cioè di diritti che non entrano nel doveroso bilanciamento con eguali diritti, spettanti ad altri, o con diritti diversi, pure tutelati dalla Costituzione, e pretendono di essere soddisfatti sempre e comunque, senza alcun limite".

Passando dalla teoria alla pratica, ciò vuol dire che il via libera del Comune al progetto di Disegnare srl, peraltro arrivato a valle di una "rigorosa applicazione" delle "previsioni normative di riferimento e delle regole contenute nel Pgt", non coincide con una mancata tutela della libertà religiosa della Coreis, già riconosciuta nel Piano delle attrezzature religiose. E ancora: l’intervento di ristrutturazione, a parere del Tar, non comporta "una compromissione delle facoltà edificatorie della Comunità" e non si tradurrà (come paventato dai ricorrenti) in un peggioramento delle condizioni acustiche dei palazzi circostanti. Conclusione: sì al cantiere.

 

 

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