Campeggio di mezzo secolo fa

Claudio

Negri

Questa è una storia vera e con qualche asterisco come spesso era d’uso - giustificato o meno - in un ottocentesco romanzo d’appendice. Quattro amici erano tornati a B*** di M***, sul luogo di un diletto faticoso: un campeggio a mezzo degli anni Settanta del secolo scorso. Bello tutto: abeti e radure al posto giusto, sentieri dove fischia la marmotta e più su, drappeggiato da nubi filanti e fuggenti, si allestiva il perenne, portentoso autunno delle rupi. Ma gli indigeni erano ostili. Forse le tende erano state piantate incautamente sui resti di un cimitero indiano, forse l’accento dei campeggiatori urtava i timpani dei valligiani. Fatto sta che la permanenza degli amici venne contrastata dai locali con un malumore e un malanimo diffusi e tangibili: dal motteggio cattivo a veri atti teppistici. Come quando qualche integralista del paese di M*** liberò e incitò un cavallo bizzoso tra le tende. Altri di loro comparivano nel sonno inducendo incubi: marmotte dai canini vampireschi e altre cose del genere. La chiusura del campeggio fu un sollievo reciproco. Allo sbocco della pianurae gli amici ebbero la sensazione che la valle li prendesse a calci nel punto più tipico dove assestare pedate. Ma quasi cinquant’anni dopo i campeggiatori, canuti e tardi, erano tornati a B*** di M***. Col vento di internet anche la forma delle nuvole e l’umore dei valligiani pareva cambiato Ne trovarono uno - doveva essere loro coetaneo - addirittura sorridente, affabile: “Siete interessati alla vendita delle baite?” chiese, quasi scusandosi. Gli amici, sorridendo anche loro, risposero che no, erano solo venuti su a vedere se il posto era cambiato: “Sa, noi cinquant’anni fa avevamo fatto campeggio proprio qui...”. Il valligiano di colpo incupì: biascicando qualcosa se ne andò alla chetichella. Come seguendo una traccia olfattiva di feromoni disumani o un messaggio chimico tra formicai, la valle aveva ripreso le ostilità.