Brexit, occasione persa: Milano a bocca asciutta

I colossi della finanza via dalla City scelgono Dublino, Parigi e Francoforte.Gli esportatori: basta incertezza

Milano è in lizza per la sede del Tribunale europeo dei brevetti

Milano è in lizza per la sede del Tribunale europeo dei brevetti

Milano, 4 maggio 2019 - Poco più di un anno fa, il 26 febbraio 2018, partiva la missione del comitato “Milano European Financial Hub”, costituito da Comune, Governo, Consob e Agenzia delle Entrate per «attrarre capitale finanziario e umano» dopo la Brexit. Dai colloqui con banche e investitori, recitava il comunicato stampa diffuso dopo i primi incontri, era emerso «un concreto interesse nei confronti dell’Italia». Interesse che però, finora, non sarebbe approdato a risultati concreti. E Milano rischia di lasciar sfumare l’occasione di dare la scalata ai più grandi poli finanziari europei, raccogliendo solo le briciole delle Brexit se dovesse perdere anche la sfida della nuova sede del Tribunale europeo dei brevetti. Finora i big della finanza che hanno scelto di trasferire da Londra il quartier generale europeo hanno fatto rotta verso altre metropoli: Dublino, Francoforte, Parigi, Bruxelles, Amsterdam e il Lussemburgo.

Ad attirarle vantaggi fiscali, solidità economica, stabilità politica e tanti altri fattori che orientano le scelte di colossi come Citigroup, Bank of America, Morgan Stanley e Hsbc, che ha scelto la capitale della Francia. Bank of Scotland tempo fa, nell’ambito di un piano di chiusura delle filiali aveva dato anche l’addio all’Italia, trasferendo tutto nel Regno Unito e lasciando in presidio a Milano solo un pugno di dipendenti. All’orizzonte una Brexit con benefici limitati per il capoluogo lombardo, che potrebbero ridursi a poche decine di posti di lavoro in più in un settore che dal 2008 registra un declino occupazionale inarrestabile. Una media di 4.000 posti di lavoro bruciati ogni 12 mesi nelle banche, un tempo simbolo del posto fisso che in molti casi si tramandava di padre in figlio.

Dall’altra parte della barricata ci sono gli imprenditori milanesi e lombardi che esportano nel Regno Unito e guardano con qualche preoccupazione al caos Brexit e agli sviluppi politici Oltremanica. La posta in gioco è un business miliardario, che vede Milano prima provincia in Italia con 3.4 miliardi di scambi nel 2018 con l’Uk, secondo gli ultimi dati della Camera di commercio di Milano Monza Brianza Lodi. Si concentra in Lombardia il 26% del giro d’affari nazionale: 5 miliardi di export e 3.8 di import. E le aziende stanno già prendendo le loro contromisure anche in vista di un possibile aumento della burocrazia.

«Il Regno Unito è un mercato importante per l’export delle nostre imprese», ha spiegato Giovanni Da Pozzo, presidente di Promos Italia, struttura del sistema camerale che supporta il processo di internazionalizzazione delle piccole e medie imprese italiane, presentando i risultati di un questionario che ha coinvolto circa 500 società. «Siamo in una fase di incertezza - ha sottolineato - e molti degli sviluppi futuri nei rapporti economici con i Paesi europei potranno dipendere dalle scelte del Governo britannico». Il 40% degli imprenditori che hanno risposto al sondaggio si aspetta un calo «comunque contenuto e in genere inferiore al 10% del proprio business estero», come conseguenza dei diversi rapporti con le imprese britanniche. Calo che in parte si sta già registrando, visto che Milano ha registrato un -8.9% delle esportazioni nel 2018 rispetto all’anno precedente.

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