MARIO CONSANI
Cronaca

Brega Massone, processo infinito

In Cassazione il verdetto che dopo 12 anni ha escluso gli omicidi volontari dell’ex chirurgo della Santa Rita

Pier Paolo Brega Massone

Milano, 23 agosto 2020 - L’ultimo capitolo potrebbe scriverlo il 24 settembre la Cassazione. Per il dottor Pier Paolo Brega Massone, 56 anni, ex chirurgo della “Santa Rita“ passata alle cronache come “clinica degli orrori“ proprio per le operazioni inutili condotte da lui, il nuovo verdetto degli ermellini potrebbe essere quello definitivo. Ha già trascorso più di dieci anni in carcere, l’ex primario, per scontare la condanna a 15 anni e 6 mesi per truffa ai danni del Sistema sanitario nazionale, falsità ideologica e lesioni nei confronti di decine di pazienti sottoposti tra 2007 e 2008 a interventi inutili o dannosi solo per “gonfiare“ i rimborsi ricevuti dallo Stato. Da dicembre scorso sta scontando quello che resta in detenzione domiciliare ma tra un mese tutto potrebbe tornare in dscussione o trovare la sua definizione.

Quello che verrà pronunciato è infatti il secondo verdetto della Suprema Corte nel filone processuale che vede l’ex chirurgo imputato addirittura per quatto omicidi. Pazienti anziani che l’ex primario operò ben sapendo che sarebbbe stato inutile e che non sopravvissero agli interventi. Ma quelle morti vennero messe nel conto dal medico al momento di operare oppure furono impreviste? E’ la differenza che passa tra omicidio volontario (sia pure sotto il profilo dell’accettazione del rischio) e omicidio preterintenzionale, nel caso in cui, cioè, Brega Massone sapesse di procurare lesioni ai pazienti ma non la morte.

In primo e secondo grado al dottore venne infitto l’ergastolo per omicidio volontario. Ma nel 2017 la Cassazione ordinò la ripetizione del processo d’appello e nel 2018 la nuova Corte derubricò l’accusa a omicidio preterintenzionale, infliggendo a Brega 15 anni di carcere. «Nessuna delle prove raccolte supporta l’ipotesi di morti volontarie», sottolinearono i giudici dell’appello bis nelle motivazioni. «Perché mai – si chiesero – rischiare la propria fama, la propria sete di affermazione, accettando, l’evento infausto, quando quest’ultimo è la negazione stessa dello scopo perseguito». Però la Procura generale impugnò ritenendo innvece che le morti fossero frutto di «un modus operandi seriale» dell’ex chirurgo e che i «decessi erano altamente probabili» in quanto conseguenza di operazioni «ad alto rischio morte» dei pazienti.

Tra un mese i giudici romani potranno di nuovo annullare o invece confermare definitivamente l’ultimo verdetto. In quest’ultimo caso, la pena complessiva per l’ex chirurgo andrà ricalcolata (e allungata di qualche anno rispetto ai 15 anni e 6 mesi definitivi già inflitti per il primo “filone“). Se invece Roma dovesse ordinare una nuova ripetizione del processo d’appello (che sarebbe il terzo), il dibattimento dovrebbe riprendere da lì.