Riccardo
Riccardi
Le bollette stanno devastando imprese e famiglie. L’abnorme aumento mette a rischio diverse continuità aziendali, costrette a chiudere. Lavoratori sul lastrico e famiglie in difficoltà a sbarcare il lunario. Si dibatte come mettere un freno al prezzo del gas. Purtroppo l’Europa appare sempre più divisa. Alcuni paesi lucrano, altri, per calmierare, fanno da soli ricorrendo, Germania docet, ad aiuti statali. Si altera la concorrenza e si mette in pericolo il mercato comune. Questo non è un dogma e non ha l’immutabilità della Bibbia, del Corano o delle Tavole di Mosè. Il mercato è il luogo delle transazioni. Ha imperfezioni, ma se dovesse scomparire si torna ai monopoli o al baratto che taluno già profetizza in futuro. Il prezzo è il corrispettivo di una vendita o l’esborso di un acquisto. Si forma con l’incontro tra domanda ed offerta. Le vicende della guerra in corso mostrano che non si combatte soltanto con armi tradizionali. Si riducono le consegne di gas poi collocato altrove. Il diktat genera l’aumento dei prezzi. Che costituiscono delle bombe virtuali più pericolose, nel lungo, di quelle piene di polvere da sparo. Che fare? Le variabili sono tante, tenuto presente che le sanzioni hanno anche effetti boomerang. Per limitarli al massimo è necessaria una unione di intenti che, cum granu salis, affronti il problema intelligentemente, senza egoistici sofismi. Fermo restando il rispetto degli accordi bilaterali in essere, l’Europa, avendo una maggiore capacità contrattuale, è in grado spuntare sul mercato prezzi più contenuti. Il gas andrà ricollocato a prezzi politici, anche sotto costo. Lo spread negativo andrà, ovviamente ristorato, dai paesi membri in proporzione al loro consumo. Attraverso l’emissione ed il collocamento di “bonds unitari a lungo termine”. Soltanto una lungimirante mutualità potrà affrontare l’emergenza e ridurne i danni. Altrimenti le deluge.