
Bimbo ucciso dal padre "Subì anche una tortura Sconto di pena illogico"
di Andrea Gianni
MILANO
Le motivazioni della sentenza ripercorrono un film dell’orrore, descrivendo sofferenze "corporali" inflitte con "grave e prolungato patimento fisico e morale", attraverso "bruciature", "morsi, calci, schiaffi, pugni" e con un "trattamento degradante per la dignità del bambino". Neanche le condizioni di "fragilità e minorata difesa del piccolo" hanno frenato il "sistematico pestaggio". La Cassazione descrive un quadro di "brutali" violenze commesse da Alija Hrustic, 28enne in carcere per avere ucciso suo figlio di 2 anni e 5 mesi nel maggio del 2019 nella casa di via Ricciarelli, zona San Siro. La Suprema Corte ieri ha depositato le motivazioni della sentenza del 13 gennaio scorso con cui ha stabilito che servirà un nuovo processo d’appello per rivalutare le accuse di tortura e omicidio volontario, oltre a quella di maltrattamenti, a carico dell’imputato. Più di cinque mesi fa, infatti, è stata annullata con rinvio ad un appello bis la sentenza con cui la Corte d’Assise d’Appello di Milano, escludendo il reato di tortura e riqualificando l’omicidio volontario in maltrattamenti pluriaggravati culminati nella morte, aveva cancellato l’ergastolo deciso in primo grado e ridotto a 28 anni di reclusione la pena per l’imputato, difeso dal legale Giuseppe de Lalla. La Cassazione ora nella sentenza spiega che, per quanto riguarda "le condotte di tortura", ossia quelle "poste in essere la notte del 21-22 maggio 2019", quando il bambino morì, e quelle "attuate nei giorni immediatamente precedenti la morte", si tratta di "comportamenti platealmente eccedenti rispetto alla normalità causale, che hanno determinato nella vittima sofferenze aggiuntive".
Per la Corte il verdetto di secondo grado, che ha riqualificato i reati e cancellato la tortura, è "viziato da violazione di legge penale e da manifesta illogicità della motivazione". La madre del bimbo è assistita nel processo come parte civile dall’avvocato Patrizio Nicolò. I giudici dell’appello bis, secondo quanto stabilito dalla Cassazione, dovranno verificare se "vi è configurabilità dei maltrattamenti per la prima parte della condotta" ai danni del piccolo, "attuata a partire dal mese di marzo 2019". Poi, però, dovranno anche vagliare se è "ravvisabile" il "delitto di tortura" per le violenze che vanno da "due a quattro giorni prima della morte e fino al 22 maggio del 2019". Infine, nel nuovo processo si dovrà stabilire se si possa configurare anche l’omicidio "volontario pluriaggravato" o se questa contestazione debba essere assorbita in quella di "tortura seguita da morte (voluta)", comunque punita con l’ergastolo. Per la Cassazione, i giudici d’appello hanno escluso la "volontà omicidiaria" da parte del padre "sulla base di un ragionamento manifestamente illogico", valorizzando il fatto che il 28enne chiamò i soccorsi, ma solo quando "ormai il bambino non respirava più". Il caso Hrustic era stato il primo in Italia in cui era stato contestato il reato di tortura nell’ambito delle violenze in famiglia.