Fratelli Beretta, sindacati all'attacco: "Gli operai non sono merce"

Dopo l’inchiesta per frode fiscale a Trezzo lo Slai Cobas ricorda la battaglia contro le esternalizzazioni

La protesta delle operaie ai cancelli del salumificio Beretta avvenuta l’8 marzo

La protesta delle operaie ai cancelli del salumificio Beretta avvenuta l’8 marzo

"Gli operai non sono merce di mercato". I sindacati ripetono il concetto che l’8 marzo aveva portato al primo sciopero nella storia della Beretta e ora il colosso dei salumi è sotto inchiesta per frode fiscale. Secondo l’accusa, dal 2015 l’azienda avrebbe fatto ricorso alla manodopera "volante", esternalizzata a cooperative che non pagavano contributi e altre imposte finendo per aggirare l’erario e non versare l’Iva. Il risvolto giudiziario si aggiunge a quello sindacale. Da tempo Slai Cobas è al fianco di una trentina di operaie nello stabilimento di Trezzo, quartiere generale del salumificio nato a Barzanò, 1.350 dipendenti, 750 milioni di fatturato su 20 mercati con tre fabbriche anche negli Stati Uniti e una in Cina. Il sequestro di 4 milioni di euro da parte delle fiamme gialle di Lecco "richiama in causa la nostra battaglia", dice il sindacato al fianco delle donne che avevano protestato non a caso proprio nel giorno della loro festa. Ad alzare la voce le lavoratici del settore confezionamento "in appalto a un terzista".

La sigla ha sempre chiesto "maggiore rispetto dei turni", la fine "dell’uso indiscriminato" dei riposi, e l’avvio di un tavolo dopo alcune stabilizzazioni oggetto di controversia. "È un’azienda dove le donne svolgono un lavoro difficile, ripetitivo, a ritmi veloci, al freddo", sottolinea da tempo Sergio Caprini. I problemi in reparto sono contenuti in un volantino: "Questa fabbrica - si legge - mostra forse più di altre come per i padroni le lavoratrici debbano restare divise, con contratti e in carico a società diverse, e messe in concorrenza l’una con l’altra". Un tavolo sindacale aperto negli anni scorsi aveva portato a un aumento salariale per le operaie: "Purtroppo ogni trattativa sulle condizioni di lavoro con l’appaltatore si è chiusa". Adesso però le esternalizzazioni sono sotto la lente dai magistrati, indaga il pm Paolo Storari. L’azienda in una nota ribadisce "la correttezza del proprio operato, attende con fiducia tutte le verifiche che gli inquirenti riterranno necessarie" e chiarisce "di essersi subito attivata per offrire la più ampia collaborazione all’autorità giudiziaria per fornire tutte le informazioni e i documenti che saranno richiesti".

 

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