NICOLA PALMA
Cronaca

Concorso in Bicocca: il candidato collaborava con un commissario. Bocciato il ricorso: ecco perché

Il quinto classificato si è rivolto ai giudici amministrativi, che hanno respinto l’iniziativa

Il bando riguardava un posto per professore di prima fascia (Archivio)

Il bando riguardava un posto per professore di prima fascia (Archivio)

Milano, 5 marzo 2024 – Il tema è da sempre oggetto di dibattito tra addetti ai lavori (e non solo) e spesso finisce al centro di controversie legali sull’esito di concorsi pubblici. Stiamo parlando dei possibili conflitti d’interesse tra chi deve giudicare il profilo di un candidato e il candidato stesso.

L’ultimo caso in ordine di tempo trattato dal Tar della Lombardia riguarda un concorso all’Università Bicocca, con una sentenza che si inserisce in un solco già tracciato in precedenza da altri verdetti dei tribunali amministrativi. La sintesi: non basta una collaborazione di natura accademica, per quanto stretta e duratura, a mettere in dubbio la terzietà di colui che dovrà esprimere il proprio giudizio sulla persona con cui ha condiviso ricerche e pubblicazioni.

Il bando

La vicenda inizia l’11 novembre 2022, quando la Bicocca pubblica un bando per un posto di professore di prima fascia per chiamata per Organizzazione aziendale al Dipartimento di Scienze economico-aziendali e Diritto per l’economia. Della commissione, nominata il 18 gennaio 2023, fanno parte un ordinario di Economia aziendale della Bicocca e due colleghi con cattedre in Organizzazione aziendale negli atenei napoletani Suor Orsola Benincasa e Parthenope.

Il 9 febbraio, vengono approvati i criteri di valutazione, con relative percentuali: produzione scientifica e attività didattica conteranno in totale per l’80% del punteggio complessivo (40% a testa), mentre il restante 20% sarà assegnato all’attività istituzionale e di gestione della didattica e della ricerca scientifica "desumibili dal curriculum". Il giorno dopo, i commissari sottoscrivono la dichiarazione di "insussistenza di incompatibilità".

Il ricorso

Il 15 maggio, arriva la graduatoria finale: al primo posto figura un prof che oggi insegna alla Ca’ Foscari di Venezia, seguito da due colleghi attualmente in forza rispettivamente a Padova e a Venezia; in quarta posizione c’è una docente che oggi risulta associata alla Bicocca, mentre il quinto posto è occupato da un docente titolare di corsi di laurea alla Bocconi. Ed è proprio quest’ultimo a rivolgersi al Tar per chiedere l’annullamento della procedura, puntando i riflettori in particolare sulla paventata incompatibilità tra un commissario e la quarta classificata.

Il motivo? Tra i due "si riscontra un’attività di collaborazione scientifica e accademica così intensa da costituire un vero e proprio ‘sodalizio professionale’", come testimonierebbe, a suo parere, "un elenco di pubblicazioni estratto dal sito Bicocca Open Archive, in cui sono ricompresi 17 lavori di ricerca, a firma congiunta".

La sentenza

Risposta dei giudici: non c’è conflitto di interessi. La base di partenza è l’articolo 51 del codice di procedura civile, che tratta i casi in cui un giudice deve astenersi. Eccoli: parentela, amicizia o inimicizia, interessi personali o "peculiari rapporti" con una delle parti. Per il collegio presieduto da Daniele Dongiovanni, l’applicazione di queste regole all’università fa discendere una considerazione: "Proprio perché il carattere interdisciplinare del mondo accademico richiede sempre più spesso, ai fini di un’approfondita analisi delle materie, l’esigenza di collaborazione tra professori e ricercatori, ovvero studiosi di pari o più alto livello, l’incompatibilità tra esaminatore e concorrente non viene configurata nell’attività di collaborazione tra un candidato e il professore titolare della cattedra".

Serve qualcosa in più, che per il Tar manca in questo caso: "La prova di un concreto sodalizio di interessi economici, di lavoro o professionali talmente intensi da ingenerare il sospetto che la valutazione del candidato non sia oggettiva e genuina, ma condizionata da tale situazione".

E ancora: "La semplice attività di collaborazione intellettuale non costituisce una causa di astensione, né causa di incompatibilità, anche perché la commissione opera collegialmente e i commissari, con equipollenti esperienze e competenze, svolgono un controllo intrinseco idoneo a prevenire la pur possibile inclinazione di qualche componente ad apprezzare maggiormente l’operato di chi sia stato proprio allievo alla scelta dei più meritevoli".