Baby gang, no degli avvocati: "La stretta è solo populismo"

La Camera Penale di Milano boccia il dl Caivano: "Deriva carcerocentrica". Allarme per il Beccaria: mancano comunità, rischio ulteriore sovraffollamento.

Baby gang, no degli avvocati: "La stretta è solo populismo"
Baby gang, no degli avvocati: "La stretta è solo populismo"

"Un intervento che nei contenuti, nelle forme e nei presupposti risponde a logiche popoliste e securitarie, e, quel che è peggio, rischia di trascinare anche il sistema della giustizia minorile, fino ad oggi risparmiato da interventi demagogici e disorganici, verso una deriva panpenalista e carcerocentrica". Sono parole durissime, quelle della Camera Penale di Milano sul decreto legge “Caivano” col quale il Governo Meloni si prefigge di contrastare "il disagio giovanile, la povertà educativa e la criminalità minorile". Soprattutto inasprendo le sanzioni, estendendo ad esempio il Daspo urbano ai 14-18 enni, creando un ammonimento (con multe ai genitori) anche per gli over 12 non ancora imputabili, allargando il range di reati per cui i minori imputabili possono essere accompagnati negli uffici di polizia, fermati, arrestati e sottoposti a custodia cautelare. Ai direttori delle carceri minorili, inoltre, sarà consentito di chiedere d’inviare ai penitenziari per adulti gli over 18 che abbiano commesso il reato da minorenni ma con i loro comportamenti "turbino l’ordine" o esercitino "violenza, minaccia" o "soggezione" sugli altri detenuti.

Il giudizio degli avvocati sul provvedimento che prende il nome dalla cronaca recente della cittadina dell’hinterland napoletano – due cuginette di 11 e 12 anni stuprate e filmate per mesi da un branco di quasi tutti minorenni – non è meno tranchant di quello che don Gino Rigoldi, storico cappellano dell’Istituto Beccaria, aveva affidato alle pagine del Giorno, tornando a lanciare l’allarme sulla situazione del minorile. "Non possiamo non essere allarmati in particolare per la nostra città, dove l’Ipm Beccaria è tuttora alla ricerca di un equilibrio tra una struttura perennemente in ristrutturazione e la necessità (alla quale vanno incontro più i volontari che non interventi strutturali) di effettivi progetti educativi e di reinserimento - concordano gli avvocati milanesi -. In una città dove mancano comunità idonee a costituire una valida alternativa ci pare evidente il pericolo che l’ulteriore incremento dei detenuti minorenni comporti il loro trasferimento in istituti lontani e, dunque, lo sradicamento dal proprio territorio e dai propri affetti". Gi.Bo.