
L'opera realizzata per il compleanno di Giorgio Armani
Milano, 5 aprile 2016 - Imbrattamento o arte di strada? Per la prima volta sarà la Cassazione, oggi, a dover dare una risposta sui lavori degli street artist. E l’aspetto curioso della faccenda è che a difendere l’imputato “Manuinvisibile” - 25enne di origini sarde sotto accusa per la sua abilità di illustratore di muri a base di vernice spray e bombolette - è l’avvocato Domenico Melillo, a sua volta writer e artista di strada oltre che legale. «In realtà prima street artist e poi avvocato - spiega Melillo - perché dipingo già dai primi anni di scuola, dagli inizi degli anni ’90 e nel corso del tempo ho esposto a Parigi, Londra, Bristol, Sarajevo, Jojakarta, Berlino. La laurea in giurisprudenza arriva soltanto dopo la passione...».
Da quel momento, però, il neo-avvocato Melillo cominciò ad assumere le difese di tutti i writer e street artist milanesi ma non solo, nel frattempo denunciati per i loro dipinti sui muri. «Anche perché una denuncia per imbrattamento era toccata anche a me, proprio una settimana prima della laurea e dunque so cosa vuol dire, anche se poi finì con un’archiviazione...». Da legale, perciò, Melillo ha ingaggiato con la procura milanese un duello in punta di diritto e di bomboletta spray che per il momento sta vincendo come nel caso di “Manuinvisibile”. Tre anni fa il comune di Milano patrocinò il suo lavoro, quando il ragazzo sardo dipinse a modo suo un intero muro alla Bovisa. E però l’anno prima un agente di polizia l’aveva fermato e denunciato mentre si preparava a fare altrettanto sulla parete sotto il ponte di via Piranesi.
Assolto il giovane dall’accusa di «deturpamento e imbrattamento di cosa altrui» sia in primo che in secondo grado, dopo il ricorso presentato dalla procura generale di Milano oggi a Roma saranno per la prima volta gli ermellini della Corte Suprema a doversi occupare di street art. Finora al writer e al suo legale è andata bene sia in tribunale (per il giudice Marialilia Speretta l’imputato voleva solo abbellire un muro già imbrattato di suo) sia davanti alla corte d’appello (presidente Pietro Caccialanza) che però non è entrata nel merito, limitandosi ad accertare la «non punibilità per particolare tenuità del fatto». Il sostituto pg Tiziano Masini ha scelto comunque di portare in Cassazione la questione di principio.
«Personalmente - conclude l’avvocato Melillo - credo che un conto sia dipingere su pareti di case o palazzi che appartengono a privati cittadini e che magari non gradiscono quel genere di espressione artistica; un altro sia invece lavorare su muri e spazi pubblici abbandonati e fatiscenti. E allora penso che il problema nasca soprattutto da quando è stata introdotta per l’imbrattamento la procedibilità d’ufficio: da lì è cresciuta una serie di procedimenti penali del tutto inutili...».