Autobus sequestrato e incendiato, processo con rito immediato per Sy

La Procura punta a saltare l’udienza preliminare per l’attentore

Il bus incendiato dopo che tutti erano fuggiti

Il bus incendiato dopo che tutti erano fuggiti

Milano, 2 aprile 2019 - Sarà quasi sicuramente un processo celebrato con rito immediato, per saltare la fase dell’udienza preliminare, quello a carico di Ousseynou Sy, l’autista che il 20 marzo ha tenuto in ostaggio 51 bambini, due insegnanti e una bidella e poi ha dato fuoco al bus, a San Donato Milanese.

Inquirenti e investigatori stanno lavorando per raccogliere a verbale le testimonianze degli alunni e, dopo una serie di analisi tecniche, nelle prossime settimane sarà inoltrata al gip Tommaso Perna la richiesta di immediato. Nell’interrogatorio davanti al giudice l’uomo, difeso dal legale Davide Lacchini, si era giustificato dicendo di sentire «le voci di bambini morti in mare». Stando al suo racconto sarebbero state quelle a spingerlo ad agire, ma il giudice per le indagini preliminari non ha creduto a quella che ha definito «posticcia e maldestra opera di rivisitazione della realtà» e ha deciso - come chiesto dal capo del pool antiterrorismo milanese Alberto Nobili e dal pm Luca Poniz - di lasciarlo in carcere anche per l’accusa principale di strage aggravata dalla finalità terroristica. Inquirenti e investigatori stanno quindi lavorando per definire le indagini in tempi rapidi e per arrivare ad una richiesta di giudizio immediato nelle prossime settimane, dopo che avranno raccolto tutte le testimonianze necessarie, comprese quelle dei bambini, e dopo approfondimenti con consulenze tecniche.

Se arrivasse una richiesta di immediato, è probabile poi che, a quel punto, la difesa dell’autista chieda il rito abbreviato (per avere lo “sconto” di un terzo sulla pena) provando a giocare nel processo la carta di una perizia sulla capacità di intendere e di volere. Sy, terrorizzando 51 bambini, come aveva spiegato il gip nell’ordinanza, ha voluto intimidire una «popolazione, colpita nella sua primaria essenza vitale, ovvero i suoi figli». Ha «reagito – aveva scritto il giudice – ad un male che egli ritiene ingiusto per il suo popolo», ossia le politiche italiane ed europee nei confronti dei migranti, «con una sorta di rappresaglia verso un altro popolo». Lo scopo «era quello di costringere, o comunque condizionare, le politiche migratorie attualmente adottate dal Governo». Aveva cosparso il bus di benzina, aveva un coltello, un accendino ma anche una pistola (non è stata trovata), come ha raccontato un insegnante: «Ha alzato la sua maglietta mostrando una pistola inserita all’interno dei pantaloni». Prima di entrare in azione ha anche realizzato un video-manifesto e «ho fatto – ha rivelato – qualche telefonata alle persone avvisandole che mi sarei fatto sentire in modo plateale». Gli inquirenti hanno cercato di recuperare il video che l’uomo inoltrò nel suo canale privato YouTube ai suoi contatti, i quali, però, non l’hanno mai ricevuto. Gli investigatori hanno anche spiegato di avere affidato la ricerca a Google. Ma nemmeno la casa madre l’ha trovato.

 

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