
Architetti (repertorio)
La metà lavora più di otto ore al giorno, il 57% usa "strumenti propri", il 59% non ha neanche "un contratto di incarico con il committente con cui lavora". Percentuale, in quest’ultimo caso, che sale al 61% per le donne. Il 43% sogna di abbandonare la partita Iva e diventare dipendente, e solo il 5% vorrebbe un futuro con le stesse condizioni. È l’identikit degli architetti milanesi liberi professionisti in mono-committenza, che lavorano come collaboratori continuativi con un unico studio, tracciato dai risultati di un questionario anonimo distribuito dall’Ordine degli architetti della provincia di Milano tra gli iscritti. Hanno risposto in 900. All’83% dei freelance il compenso professionale viene calcolato mensilmente, mentre al 4% a obiettivi o a progetto e al restante 12% su base oraria. Il 79% non riceve conguagli periodici, l’80% collabora con il committente principale da meno di un anno fino a sei anni. Per gli under 35 prevale una forte tendenza a cambiare studio entro i 3 anni.
Risultati che confermano i problemi di un settore, finiti anche al centro delle denunce social di gruppi come “Riordine degli architetti“, che hanno messo sotto i riflettori episodi di sfruttamento anche in grosse e blasonate realtà milanesi. "Si tratta di denunce che non sono mai sfociate in esposti all’Ordine o al Consiglio di disciplina – spiega Bianca Miglietta, consigliera dell’Ordine – ma hanno fatto emergere la fragilità di giovani professionisti. Temi che abbiamo cercato di porre al centro del nostro vademecum, alla seconda edizione, pensato come uno strumento per aiutare soprattutto i più giovani a orientarsi e a far valere i propri diritti. Purtroppo la nuova legge sull’equo compenso non ha ripercussioni dirette sui liberi professionisti in mono-committenza, nella seconda edizione del nostro vademecum abbiamo cercato di inserire anche buone pratiche e suggerimenti per orientare il settore verso criteri più equi". Un “mare“ dove nuotano oltre 13mila architetti milanesi iscritti all’Ordine: dalle archistar ai neolaureati che si affacciano alla professione, in molti casi con la partita Iva come scelta obbligata. Il questionario ha sondato anche i pagamenti offerti dagli studi ai propri collaboratori.
Per quanto riguarda i corrispettivi, il 24% dei titolari di studio dichiara meno di mille euro al mese per i collaboratori che esercitano la professione da meno di un anno, il 72% offre compensi medi mensili tra i mille e i duemila euro per il primo anno di attività professionale. Per le collaborazioni tra uno e tre anni, all’80% dei collaboratori viene riconosciuto un importo tra mille e 1.500 euro. L’84% riconosce una somma tra 1.500 e 2.500 euro ai collaboratori con 3/6 anni di collaborazione, mentre il 56% dei collaboratori con più di 6 anni di esperienza ha un corrispettivo che supera i tremila euro. Solo il 12% dei titolari, inoltre, dichiara di dare tutele aggiuntive ai collaboratori. Solo il 58% dei rispondenti anonimi dichiara di stipulare un contratto con i collaboratori.
«I consigli contenuti nel vademecum rispondono ad alcune delle maggiori criticità emerse in tema di contrattualistica, organizzazione del lavoro e assicurazione, visto che molti professionisti non ne hanno una e per questo ne richiamiamo l’obbligatorietà", spiega Francesca Scotti, tesoriera dell’Ordine e membro del gruppo di lavoro Fair Work. "Nel vademecum consigliamo il supporto di un contratto, dato che il tema del compenso è centrale".