
L’architetto Stefano Boeri, 68 anni, presidente della Triennale di Milano
No agli arresti domiciliari chiesti dalla procura, sì all’interdizione dalle commissioni di concorso nei progetti di architettura e, soprattutto, divieto di stipulare qualunque tipo di contratto professionale con la Pubblica Amministrazione. È la pronuncia depositata dal gip Luigi Iannelli che mette un punto fermo nell’inchiesta sulla turbativa d’asta per il progetto milionario della Beic, la Biblioteca Europea di Informazione e Cultura. Destinatari della decisione gli archistar Stefano Boeri, padre del pluripremiato Bosco verticale e Cino Zucchi, per il primo la misura si estende per la durata un anno, nei confronti del secondo, che ha solo il divieto di fare il commissario nei concorsi, la durata è di 8 mesi.
Stessa misura di Boeri anche per il terzo indagato, il progettista Pier Paolo Tamburelli. Stando alle carte del provvedimento, sia Boeri che Zucchi, nel pilotare la gara a favore del team vincitore hanno avuto "un comportamento molto disinvolto, quasi proprietario, rispetto alle regole amministrative del concorso pubblico", scrive il gip. E prosegue: "la posizione di Boeri è la più grave: avrebbe raccolto senza indugi l’invito di Pier Paolo Tamburelli a truccare la gara, modificando il suo voto da presidente della commissione con modalità smaccate. Si sarebbe anche messo d’accordo con il progettista arrivato terzo, facendosi addirittura - chiarisce il gip - inviare note sul suo progetto prima della decisione. E avrebbe confezionato false dichiarazioni, non segnalando le sue incompatibilità fondate su rapporti di debito-credito con i componenti della cordata che vinse".
"Ha vinto il progetto migliore", così si erano difesi Boeri e Zucchi negli interrogatori preventivi. Nessun favoritismo, secondo la difesa, né accordi illeciti, ma progetti valutati in forma "anonima" e possibili conflitti di interessi non segnalati, perché le regole della gara prescrivevano di farlo solo per rapporti di collaborazione economica "in corso". Zucchi, sempre durante l’interrogatorio preventivo, aveva precisato di aver parlato alla dirigente comunale e responsabile del progetto Beic di una sua possibile incompatibilità nel ruolo di commissario. "Guarda che io sono di Milano – le disse – conosco sicuramente i professionisti che presentano il progetto. Forse meglio chiamare un architetto straniero...". Poi però, a questi dubbi non fu dato seguito e Zucchi entrò in commissione.
"L’approccio al concorso – scrive ancora il gip Iannelli – è stato quello di chi ritiene di poter derogare alle norme a presidio di beni di rilevanza pubblica, nella convinzione di poter darsi delle regole per via della propria autorevolezza e professionalità. Senza, invece, rendersi conto che sono solo le procedure a salvaguardare l’imparzialità e il buon andamento della pubblica amministrazione, e non l’affidamento collettivo sulla capacità di giudizio e sullo spessore di professionisti con curricula di notevole". Il giudice nel rigettare la richiesta dei domiciliari per tutti e tre, ha ritenuto esistente il pericolo di reiterazione del reato: "La gravità dei fatti costituisce una chiave di lettura della personalità di Boeri e Zucchi perché restituisce la precisa misura del cedimento alla spinta a delinquere". Boeri, in serata, in una nota: "Sono molto sollevato per la decisione del giudice Iannelli che ha escluso la richiesta di arresti domiciliari a mio carico. Ciò mi permette di proseguire il mio lavoro di architetto e anche di non lasciare l’incarico di presidente di Triennale e nemmeno di docente del Politecnico di Milano. Non nascondo però la mia inquietudine per tutto quello che ho subito in queste settimane e per i danni irreversibili generati alla mia vita privata e professionale".