Milano – Ama scorrazzare in bici Antonio Villa, spesso con una bandiera dell’Inter al seguito. Nella zona di Paolo Sarpi tutti lo conoscono e gli vogliono bene. Dal 2015 è portinaio di Via Aleardi 14 e negli anni è stato testimone di tanti cambiamenti dopo una esistenza che lui, scherzosamente, paragona alle varie fasi artistiche di Van Gogh. Nella zona c’è ancora una sorta di vita di quartiere che prova a resistere alle molteplici attività ristorative e alla “movida“. Antonio è un personaggio positivo, sempre sorridente e disposto a fermarsi per fare due chiacchiere. Nato a Cologno Monzese, dopo aver trascorso diverso tempo tra la Costa Azzurra, Novara e Varese a seguito di un periodo di crisi dopo la scomparsa della moglie, è ripartito proprio da Sarpi.
“Milano non è sempre stata così, ho vissuto prima in via Padova e poi a Chiaravalle. A Isola e Sarpi c’era la vecchia “ligera“, ovvero la malavita, era una zona di case popolari ed è rimasta così fino ai primi anni 2000. C’erano diverse attività che ruotavano intorno a Paolo Sarpi, c’era qualche negozio di cinesi: i primi sono arrivati nel settore della pelletteria e delle cravatte. Poi, è stata chiusa la via, i cinesi hanno cominciato a intervenire e a monopolizzare prima i magazzini e dopo i negozi. Negli ultimi anni sono sorti i primi ristoranti di street food, infatti il weekend non riesci a muoverti”.
La città è mutata ed è sempre in divenire: l’espansione e il moltiplicarsi, sia dei servizi che delle opportunità, hanno portato il capoluogo lombardo a non essere più a misura d’uomo. Lo ammette lo stesso Antonio con un po’ di dispiacere. A causa del caro affitti e con i palazzi passati in mano a grandi realtà o banche, a suo dire, si è perso il concetto di famiglia. “Quando sono arrivato qui, un monolocale costava 600 euro, ora è il doppio. Gran parte dei proprietari se ne sono andati. Inizialmente, qui, c’era un solo proprietario, ma ha cominciato a vendere, è cresciuto il benessere generale. Milano è passata da essere una città industriale a una per studenti universitari e lavoratori fuori sede. I prezzi degli affitti sono lievitati e sono arrivate le aziende che hanno comprato i palazzi. Infine, la situazione è deteriorata con gli affitti brevi”.
Oggi, Villa non riesce più come accadeva una volta a gestire la routine del condominio. Non si ha il tempo per conoscere a fondo le persone e venire a contatto con loro: “Si è perso il concetto di famiglia, non si conoscono quasi i vicini”. Proprio per questo non se la sente più di continuare con il suo lavoro. “Ho fatto un altro anno, ma potevo già andare in pensione. Ho 69 anni, sono rimasto per l’atmosfera che c’era, pian piano sta scemando”.
È venuta a mancare quella che per molti era la “Vecchia Milano“, anche se il portinaio ci tiene a precisare come l’immagine, spesso negativa della città, non sia veriteria. Tante cose sono cambiate, ci sono i problemi, tra cui criminalità e qualche scippo di troppo (“ma questo - precisa - non è nulla rispetto agli anni ’70”), ma i milanesi sono ancora attenti al prossimo. Nei suoi racconti, Antonio, si lascia andare a tanti anedotti personali o su amici che sono stati aiutati da associazioni che agiscono sul territorio e in città. “C’è un po’ di nostalgia, ma ho sempre visto la città in modo positivo. Sono orgoglioso dei nuovi quartieri costruiti, come CityLife. Milano è comunque la città del volontariato, mi preme dirlo, ci sono tante realtà che agiscono e aiutano. Ad esempio, un mio amico, ha trovato per un periodo supporto alla “Cena dell’Amicizia“”.