L'INIZIATIVA DEL GIORNO L'Ambrogino ai ferrovieri: "Giusto il premio: vale per tutti i cittadini onesti"

La grafica, scrittrice e pendolare Maria Lorena Arpesella di Gabriele Moroni FIRMA ANCHE TU LA NOSTRA PETIZIONE

Il treno su cui viaggiava Carlo Di Napoli, nel riquadro a sinistra, con il collega Riccardo Magagnin

Il treno su cui viaggiava Carlo Di Napoli, nel riquadro a sinistra, con il collega Riccardo Magagnin

SONO ARRIVATE a 350 le firme di sostegno alla iniziativa del Giorno per l’assegnazione della Benemerenza civica, l’Ambrogino d’oro, a Carlo Di Napoli e Riccardo Magagnin, i due ferrovieri aggrediti con un machete da una banda di latinos lo scorso 11 giugno, alla stazione di Villapizzone. Carlo Di Napoli, dopo avere rischiato di perdere un braccio, quasi amputato da un colpo del machete, nei giorni scorsi è stato nuovamente ricoverato e operato. Una grande risposta di consenso e di solidarietà sta arrivando non solo ai due giovani ferrovieri ma a tutta una categoria, quella del personale viaggiante delle ferrovie, che spesso si trova a svolgere il proprio lavoro in condizioni di disagio e di pericolo come testimoniano anche episodi episodi recenti. La comunità civica dice il suo «grazie» a Carlo  e Riccardo. E continuerà a dirlo attraverso Il Giorno.

Milano, 1 ottobre 2015 - Professione grafico, lunghi anni di pendolarismo da Magenta a Milano. Maria Lorena Arpesella ha pubblicato un libro di successo, «L’ABC del pendolare», con un seguito, «L’ABC del pendolare 2. Perché dopo l’andata c’è anche il ritorno ...». In seguito ha scritto «Truffa la truffa». 

Il Giorno ha lanciato l’iniziativa per l’assegnanzione dell’Ambrogino d’oro ai due ferrovieri aggrediti con un machete. Coma la giudica? «Un’ottima proposta. Quanto è successo è l’emblema della condizione di pericolo a cui è sottoposto al giorno d’oggi un onesto cittadino sul suolo italiano, che sia su di un mezzo di trasporto come in qualunque altro posto, che stia svolgendo il suo lavoro oppure no. Quindi deve essere messo sotto i riflettori in tutti i modi possibili, affinché se ne comprenda la gravità (se la cosa non fosse già sufficientemente chiara) e si prendano le contromisure necessarie». Lei ha viaggiato per molto tempo da Magenta a Milano. Come ha visto cambiare i livelli di sicurezza negli anni? «Visti gli ultimi tragici accadimenti, devo dedurre che i livelli di sicurezza attualmente sono drammaticamente peggiorati, rispetto ai tempi in cui ero pendolare. Io ho viaggiato sulla tratta Magenta-Milano dal 1990 al 2009, prima per esigenze di studio e poi di lavoro, e i pericoli che maggiormente riscontravo a bordo treno (e che ho denunciato in chiave pungentemente ironica ma molto realistica e concreta nei miei due libri) riguardavano soprattutto i deragliamenti, i disservizi, i ritardi, gli scioperi, le soppressioni improvvise, i guasti, le carrozze inagibili, la sporcizia e il rischio di essere punti dalle zecche».  E in seguito? «Certo, anche questi eventi minavano l’incolumità del passeggero, come del personale ferroviario, ma il pericolo di essere brutalmente assaliti, come è capitato ai due ferrovieri, non c’era. Il treno, però, ritengo sia una realtà che riflette appieno la situazione in cui versa l’intero Paese, è uno spaccato di vita. Il rischio di venire aggrediti c’è a ogni angolo di strada, non solo sui mezzi pubblici. Le società erogatrici del servizio di trasporto dovrebbero cercare di prevenire le situazioni di rischio e tutelare sia i loro dipendenti sia chi sceglie di affidare loro la sicurezza dei propri spostamenti». Cosa si dovrebbe fare per migliorare la sicurezza? «Beh, qualche idea l’avrei: maggior presenza di forze dell’ordine sui treni, telecamere in ogni vagone, poltroncine dotate di pulsanti per segnalare pericolo, personale formato da corsi di autodifesa studiati “ad hoc” (che dovrebbero essere organizzati anche per i passeggeri) in modo che, in caso di pericolo, si sappia come comportarsi, dove e come colpire. Pene esemplari e certe per tutti i criminali in modo che fungano da deterrente a chi è intenzionato a fare del male». Se dovesse riscrivere i suoi libri sui pendolari cosa aggiungerebbe e cosa toglierebbe? «Non toglierei né aggiungerei nulla perché i fatti che ho vissuto, nel ventennio in cui mi sono servita del treno, si sono svolti esattamente come li ho narrati e testimoniano la vita e lo sfogo di una pendolare in un preciso intervallo temporale. Dal 2010 sono diventata “tangenzialista” per soddisfare differenti esigenze lavorative, quindi ciò che è accaduto poi a bordo treno l’ho solo seguito attraverso i media e quindi non può rientrare all’interno di scritti dal gusto squisitamente autobiografico». 

 

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