Massimo
Ferlini*
Milano ha quartieri degradati, zone periferiche e non solo che portano i segni della difficoltà di assicurare inclusione continua a chi si trova svantaggiato socialmente. Non vi sono però le grandi periferie simbolo di esclusione sociale che sono presenti in molte delle aree metropolitane europee. Quando ricordiamo che milanese è chi lavora a Milano vogliamo anche ricordare che nel tempo, soprattutto attraverso il lavoro, è stata una città capace di mantenere un tessuto sociale che faceva della sua ricca composizione un fattore caratteristico e non motivo di divisione. Oggi abbiamo circa il 20% dei residenti di origine extraeuropea. Fra loro il 20% è proprietario dell’abitazione avviandosi anche in questo ad assomigliare nei comportamenti a milanesi di più antica data. La politica dell’abitare ha sempre prestato molta attenzione a fare sì che ci fosse una convivenza di ceti diversi e ci fossero interventi pubblici laddove servisse costruire una offerta di abitazioni ad affitti contenuti. La mappa di Milano fra ‘800 e ‘900 è segnata dai quartieri di case popolari che permettono di espandere l’urbanizzazione assicurando il diritto alla casa ai nuovi milanesi. Fra interventi diretti dell’amministrazione comunale e poi dell’istituto case popolari, e senza dimenticare gli interventi cooperativi e dei fondi professionali, un mix di offerta di case per i ceti popolari della città ha sempre contribuito a dare risposta ad un diritto e mantenere un equilibrato mix sociale. Oggi è importante che l’obiettivo di avere ancora importanti interventi di offerta abitativa con nuovi quartieri di case popolari sia posto al centro delle scelte di governo del territorio. È un tema lasciato in ombra. Serve una offerta di case per i fuori sede che vengono a Milano per studio o per lavoro. Serve una offerta di housing sociale, nuove esperienze di realizzazioni private con vincolo all’affitto calmierato o nuove forme di riscatto. Sono tutte innovazioni che rispondono ad una domanda crescente di nuova residenza nella nostra città. L’assenza di un progetto di case popolari che vada oltre i soli interventi di manutenzione dei quartieri esistenti rischia di cancellare una delle caratteristiche della pianificazione urbana che ha caratterizzato la vita della città. C’è spazio nelle aree di nuova urbanizzazione per prevedere nuove presenze di edilizia popolare e riportare così Milano ad essere di nuovo un esempio di crescita sociale sostenibile ed inclusiva.
*Ex presidente Formaper