Alessia Pifferi, la storia choc: “Io bambina abusata per un anno da un amico di mio padre”

L'infanzia della donna a processo per l’omicidio della figlia Diana di 18 mesi che emerge dalla perizia psichiatrica: “Da bambina sempre sola, mai un regalo”

Alessia Pifferi durante un'udienza del processo

Alessia Pifferi durante un'udienza del processo

Milano – Una bambina sola e trascurata, che deve rinunciare alla scuola per accudire la madre, e che a 10 anni subisce per un anno abusi sessuali da parte di un amico del padre. È un’infanzia dolorosa e traumatica quella che emerge dal racconto che Alessia Pifferi ha fatto allo psichiatra Elvezio Pirfo durante i colloqui per la perizia psichiatrica disposta dalla Corte d’Assise sulla donna di 38 anni, a processo con l’accusa di omicidio aggravato per aver lasciato morire di stenti la figlia di 18 mesi, abbandonandola da sola in casa per 6 giorni. 

La perizia psichiatrica

Nella perizia lunga 126 pagine ci sono circa 50 pagine dedicate a “Biografia, anamnesi e ricostruzione soggettiva dei fatti di causa”. È all’interno di questa parte che Pifferi ricostruisce alcuni momenti della sua infanzia, il rapporto difficile con i genitori e la sorella, il padre violento, il trascorso da bimba solitaria e isolata, fino all’abuso sessuale subito da un amico del padre quando lei aveva solo 10 anni. 

Ricordi e suggestioni

Un racconto non organico, che si contraddice più volte, che mescola ricordi, impressioni, suggestioni e nel quale i fatti vengono esposti attraverso il filtro della personale percezione degli stessi. Pagine oltretutto – precisa lo stesso Pirfo – composte da “Verbalizzazioni sintetiche", una sorta di appunti sui colloqui, e non quindi “trascrizioni dei colloqui stessi, che sono stati invece integralmente video-registrati e sono consultabili nel supporto informatico allegato” alla perizia stessa. 

Gli abusi sessuali

Ripercorrendo la sua infanzia Pifferi racconta a Pirfo degli abusi sessuali subiti quando aveva “quasi dieci anni”. In un passaggio dice di aver subito “un solo abuso con un amico di mio papà”, più avanti però spiega che non si è trattato di un solo episodio: “Un conoscente di mio papà – dice – era salito a Milano da Palermo. Era diventato un amico di famiglia e abusava di me.  Quando andavo su magari, perché abitava nella mia via, siccome con mio papà c’era un’amicizia stretta, alle volte portavo su delle cose che mia mamma cucinava e lui approfittava e abusava di me. Cioè con le mani, metteva le mani nelle parti intime. Io non ho mai detto niente per vergogna, perché avevo paura anche di parlarne. Mi disse di non dire niente”. Gli abusi sono andati avanti “Per un annetto quasi”. “Diciamo che mi faceva stare male e mi faceva anche schifo – prosegue –  solo che quando mia mamma mi diceva ‘ho preparato questo’ e mi diceva vai tu,  succedeva tutto. Ho fatto fatica a raccontarla anche alle psicologhe qui a San Vittore”.

L’infanzia e il rapporto con i genitori

Dal racconto di Alessia Pifferi emerge il quadro di un’infanzia traumatica, segnata da isolamento, poca considerazione e cattivi rapporti con la madre e la sorella: “Con mamma non ho mai avuto un buon rapporto. Io ero la cocca di papà, mia sorella era la cocca di mamma”. A proposito della sorella sottolinea che “Non c’era rapporto, non lo so, non l’ho mai capito perché. Lei è cresciuta con le mie cugine. Quando c’erano compleanni o qualche festività a me non mi hanno organizzato niente, mai un regalo, niente”. L’esclusione dalla famiglia ritorna poi in altri passaggi: “Sono sempre stata il pulcino nero di casa e sono sacrificata tanto per stare in casa per mamma, perché nel 2000 (Pifferi all’epoca aveva 14 anni, ndr) ha avuto un incidente. Un incidente parecchio grave che le ha lesionato un piede”.

Il padre e il clima in casa

Per quanto riguarda il rapporto tra i genitori, Pifferi racconta durante colloquio con Pirfo: “Diciamo che in casa c’erano parecchie liti con mamma e papà. Perché mio papà non si sa dove buttasse i soldi e ogni volta erano discussioni o mani addosso e io ero lì ad assistere”. La donna spiega poi che il padre “Aveva un po’ il vizio del bere. Alle volte arrivava molto brillo a casa. Mi ricordo questi litigi quando magari la prendeva a botte”. Nel racconto dice anche che “alle volte mio papà ha tentato di ammazzarsi”. “[Mia mamma] Mi ha spiegato che papà non buttava via i soldi come si dice, alle volte telefonava in lacrime che voleva ammazzarsi”. 

La scuola e la psicologa infantile

Alessia Pifferi ripercorre poi le difficoltà scolastiche incontrate da bambina e la decisione di interrompere gli studi in prima superiore. “A scuola non ero un asso però ci andavo. Ho fatto la prima superiore, l’istituto psicopedagogico e poi mia mamma ha avuto un incidente e ho lasciato gli studi per starle dietro”. “Quando ero piccola sono andata dalla psicologa, quando sono morti i miei nonni e alle scuole avevo la maestra di sostegno. E non ho mai capito il perché”. Spiega che alle elementari aveva problemi di apprendimento: “Non riuscivo, anche perché alle elementari avevo questa maestra di sostegno che invece che tenermi alla pari comunque sia mi staccava e quindi stavo sempre più indietro degli altri”. La donna racconta poi della psicologa, una “neuropsichiatria infantile”, frequentata per “un paio di mesi”: “Mi accompagnava mia mamma. Facevo i colloqui con questa psicologa ma non ho mai saputo il perché. Mi faceva disegnare, mi faceva giocare, queste cose qui, poi mi faceva vedere delle figure anche e poi parlava con mamma”. Per quanto riguarda il rapporto con le maestre e i compagni, ritorna il tema dell’isolamento: “Con le maestre andavo d’accordo e anche con i compagni solo che ero sempre messa di lato. Diciamo che non ho vissuto un’infanzia come le altre bambine. Ero sempre da sola. In un angolino. Le bambine giocavano insieme invece io ero sempre da sola”.