GIULIO MOLA
Cronaca

Alberto Rivolta, lo scudetto e la carrozzina: il campione piegato dal male

Ex difensore dell’Inter, è morto alla vigilia dei suoi 52 anni. Era rimasto paralizzato per un tumore raro al sistema nervoso

Alberto Rivolta ai tempi dell'Inter (Foto Facebook)

Milano, 4 novembre 2019 - Avrebbe compiuto 52 anni proprio oggi Alberto Rivolta, difensore dell’Inter dei record di Giovanni Trapattoni morto ieri in Brianza dopo un calvario durato venticinque anni: soffriva di ependimoma midollare, rarissimo tumore del sistema nervoso centrale che col passare del tempo lo aveva costretto alla carrozzina. Il suo dramma ce lo aveva raccontato appena due settimane fa, dal letto dell’hospice S. Maria delle Grazie dove era ricoverato e amorevolmente assistito dalla moglie Patrizia e dai due figli di 22 e 16 anni: «Convivo con la malattia dal 1994 – ci diceva –. Avevo tanto mal di schiena, smisi di giocare presto anche per quel motivo: camminavo male, facevo la doccia e sbandavo. La diagnosi fu tremenda. Mi operarono, ma purtroppo il vero problema di quella malattia era la recidiva... Dopo due anni, infatti, fui costretto ad un altro intervento chirurgico. Non potevo giocare a calcio e correre ma almeno avevo una vita normale. Però il peggio doveva ancora arrivare». 

Combatteva come un leone Alberto. Dal 2006 la sofferenza divenne terribile per le tante microlesioni a livello lombare. «Un intervento chirurgico dietro l’altro – ci raccontava Rivolta – fino alla paralisi nel 2013». Le gambe non si muovevano più, la sedia a rotelle come compagna quotidiana. Quando il male ha deciso di aggredire la testa, Rivolta prima ha perso l’udito, poi un occhio. Quindi problemi alla bocca e di respirazione. «Non mi hanno dato alcuna speranza di guarire, quella no, ma sopravvivere forse», le ultime parole di Alberto. Dette con la forza della disperazione, urlate col coraggio di chi cercava di restare di aggrappato alla vita.  Con l’Inter aveva giocato poco ma era comunque amatissimo da tutto l’ambiente: debuttò il 15 dicembre 1985 in serie A contro il Como. Tra il 1985 e il 1987 e poi nella stagione 1988-1989, collezionò in tutto sette presenze. Quella indimenticabile nella penultima giornata del campionato ‘88-’89, perché gli consentì di entrare nell’elenco degli eroi della stagione dei record. 

Il popolo interista non lo aveva dimenticato, e questo lo inorgogliva. Lo striscione esposto dalla Nord nella gara di Champions con lo Slavia Praga («Testimone di un’epoca indimenticabile. Rivolta tieni duro»), riuscì a commuoverlo. Continuava a tifare per i nerazzurri seguendo ogni partita in tv, e poi riceveva visite, di tanti amici: dai semplici supporter ad ex compagni di squadra come Riccardo Ferri, Nicola Berti, Beppe Baresi, Astutillo Malgioglio, Massimo Ciocci. Solo quattro giorni fa anche Javier Zanetti era corso al suo capezzale, per quell’ultima immagine in cui si vede Alberto sorridere. Come se avesse voluto salutare tutti prima di andarsene. I funerali saranno celebrati domani 5 novembre, alle 14, nella chiesa dei Santi Pietro e Paolo, a Lissone.