ANNA GIORGI
Cronaca

Alberto Genovese rischia un altro processo: nuove accuse di abusi sessuali su due modelle e pedopornografia

La Procura chiede il rinvio a giudizio del manager già condannato per violenza: deve rispondere anche di intralcio alla giustizia e detenzione di materiale hard

Alberto Genovese, 46 anni, è detenuto a San Vittore

Alberto Genovese, 46 anni, è detenuto a San Vittore

Milano, 29 settembre 2023 – La Procura di Milano ha chiesto un nuovo rinvio a giudizio per Alberto Genovese, l’ex bocconiano, brillante imprenditore del web già condannato a 6 anni, 11 mesi e 10 giorni per violenze sessuali su due modelle.

La nuova richiesta, che potrebbe portare quindi a un secondo processo, riguarda ulteriori accuse, tra cui altri due episodi di abusi sessuali nei confronti di altre due giovani modelle consumati con lo stesso schema, ossia con uso di cocaina. Questi nuovi abusi sono emersi dalla seconda tranche delle indagini.

La richiesta, formulata dall’aggiunto Letizia Mannella e dai pm Rosaria Stagnaro e Paolo Filippini, a seguito delle indagini condotte dalla Squadra mobile, sfocerà in una nuova udienza, qualora lo stabilisse il gup. Agli abusi si aggiunge l’accusa di intralcio alla giustizia e di detenzione di materiale pedopornografico.

L’istanza di rinvio a giudizio, che dovrà essere vagliata dal gup, riguarda anche l’ex fidanzata Sarah Borruso (anche lei già condannata), coinvolta, secondo i pm, in alcuni casi di abusi con il 46enne. E riguarda pure l’ex braccio destro di Genovese, Daniele Leali, anche lui imputato per intralcio alla giustizia e per la cessione di droga negli ormai noti festini di Terrazza Sentimento.

Dopo la chiusura nel luglio scorso della prima tranche dell’inchiesta, l’ex ‘mago’ delle start up digitali, difeso dai legali Luigi Isolabella e Davide Ferrari, era stato interrogato sugli abusi. Aveva sostenuto, come già in altri interrogatori in fase di indagini, di avere agito sotto l’effetto di droga, di cui era “schiavo” e di non avere mai percepito “particolare dissenso” da parte delle giovani che erano altrettanto “alterate”.

L’imprenditore, era finito poi ai domiciliari in una struttura di lusso in provincia di Varese per disintossicarsi dalla cocaina. Attualmente si trova a San Vittore. La Procura generale aveva dato parere favorevole all’affidamento terapeutico in comunità: secondo il Tribunale di sorveglianza era necessaria però prima una valutazione clinica per la gravità del reato commesso e anche per l’ostatività a ottenere benefici penitenziari per via dei reati sessuali.