GIULIA BONEZZI
Cronaca

Al Pat la riabilitazione è su misura "Pazienti seguiti dopo le dimissioni"

Il nuovo servizio proposto negli ultimi 6 mesi a 500 ex ricoverati: "Già duecento presi in carico a 360 gradi"

Al Pat la riabilitazione è su misura "Pazienti seguiti dopo le dimissioni"

di Giulia Bonezzi

Non è solo Rsa il Pio Albergo Trivulzio; è anche il più grande polo in Italia per la riabilitazione, con 378 posti letto. E proprio nell’area di Cure intermedie della Baggina a ottobre 2022 è partito un servizio nuovo di presa in carico per i pazienti che affrontano un ricovero di riabilitazione. Arrivando da casa, dall’ospedale o da una struttura di lungodegenza come una Rsa; un flusso che già dal 2020 è gestito attraverso un servizio di "bed management" collegato al sistema Priamo della Regione, che aiuta ospedali e pronto soccorso a trasferire pazienti non o post acuti, liberando letti preziosi per chi ne ha più bisogno. Sei mesi fa s’è aggiunto questo servizio di presa in carico, in inglese "case management", che consiste nell’offrire a ciascun paziente un percorso sociosanitario personalizzatoche continua dopo le dimissioni. E inizia a essere progettato sin dal suo arrivo alla Baggina.

È la famosa relazione ospedale-territorio, protagonista d’ogni discorso pubblico e riforma della sanità, che qui è stata costruita un pezzo per volta. "Abbiamo iniziato– spiega Barbara Caimi, direttrice dell’unità Integrazione percorso Ospedale-Territorio e Ambulatori del Trivulzio – creando un sistema d’accettazione con un portale che si ispira al modello di Booking". Sì, la piattaforma per prenotare alberghi o case vacanza: "Quando un paziente arriva alle nostre riabilitazioni dall’ospedale, da casa o da una struttura sappiamo dal giorno prima in quale reparto sarà ricoverato, in quale stanza e quale équipe lo seguirà. Entro 24-72 ore dalla prima visita del medico, l’équipe multidisciplinare, composta dallo specialista con fisioterapista, assistente sanitario, personale amministrativo e assistenti sociali se necessari, inizia a pensare al futuro del paziente, a progettare il suo percorso dopo le dimissioni, appoggiandosi ai servizi territoriali del Pat". Cioè i poliambulatori, dove il modello di “presa in carico” dei pazienti cronici introdotto dalla Regione anni fa continua a essere adottato, con annessa prenotazione delle visite successive nella stessa struttura "che ne conosce la storia clinica interamente gestita attraverso il portale"; l’eventuale day hospital per la riabilitazione (cardiologica, pneumologica, neurologica); l’eventuale assistenza domiciliare che ora in Lombardia si chiama C-Dom.

Un esempio classico è la fisioterapia, purtroppo noto a pazienti o parenti di chi esce da una struttura riabilitativa e deve mettersi in lista d’attesa per la visita obbligatoria con un fisiatra che la prescriva, quindi a caccia di un terapista. "Al Pat dimettiamo il paziente con la visita fisiatrica già fatta e gli offriamo il nostro fisioterapista", spiega Caimi. È una proposta, e lo è l’intero servizio di "case management" che i pazienti e le loro famiglie possono rifiutare, anche perché non tutti hanno le stesse necessità: "Abbiamo persone che vengono da noi da altre province, anche da altre regioni - spiega Antonella Gatti, responsabile medica del percorso accesso-dimissione -. Ma è molto importante per i pazienti di Milano e hinterland".

I numeri: da ottobre 2022, continua Gatti, "abbiamo monitorato in questo percorso circa cinquecento pazienti, incrementando il personale dedicato, e per circa duecento abbiamo attivato servizi post dimissioni: in 130 casi sanitari e in 70 sociali, cioè attivazione di Rsa sia interne che esterne" alla Baggina. Altri dodici dei 500 pazienti sono stati trasferiti all’hospice del Trivulzio. L’età media è elevata, intorno agli ottant’anni, le patologie più diffuse sono respiratorie, cardiologiche, diabete e decadimento cognitivo, ma le riabilitazioni del Pat hanno anche un percorso dedicato agli amputati: "Siamo uno dei pochi centri in Lombardia abilitati a prescrivere protesi", chiarisce Caimi. La "presa in carico a 360 gradi", aggiunge la dottoressa Gatti, "ci permette di costruire un percorso personalizzato che può includere patologie diverse da quelle per le quali i pazienti erano arrivati, magari scoperte durante il ricovero oppure trascurate in precedenza". E di tenerli “agganciati”, aggiunge Caimi, "seguendoli anche con la telemedicina e dando loro un punto di riferimento al quale rivolgersi, ad esempio per risolvere tempestivamente situazioni che altrimenti costringerebbero le famiglie a rincorrere specialisti o a rivolgersi al pronto soccorso".