REDAZIONE MILANO

La coppia dell'acido sbaglia obiettivo e sfigura il "gemello"

Il primo giovane colpito, che lavorava alla security di una discoteca, assomiglia al fotografo che si è salvato. Quest'ultimo avrebbe "dovuto" scontare la pena per un rapporto con Martina di Marinella Rossi

Alexander Boettcher e Martina Levato in tribunale con la polizia penitenziaria

Milano, 6 febbraio 2015 - Due vittime dell'acido uguali come due gocce d’acqua. Tanto da far ipotizzare che target di una spedizione punitiva dei due amanti al muriatico, Martina Levato e AlexanderA sinistra il fotografo Giuliano C., vero obiettivo. A destra, Stefano S., studente ferito a S.Siro Boettcher, fosse uno, mentre l’altro sia stato vittima di uno scambio di persona. Il bruciato per errore potrebbe essere Stefano S., 25 anni, studente di Economia in Bicocca e assiduo di discoteche (come tutti quelli del giro dell’acido) quali il The Club dove lavorava alla security. E che, nell’alba del 2 novembre, sconterebbe la notevole somiglianza con il fotografo 24enne Giuliano C. il quale, invece, quindici giorni dopo (il 15 novembre), si salva dal bagno di acido grazie alla pioggia e a un provvidenziale ombrello.

Lui, il fotografo, vero obiettivo del castigo, avrebbe dovuto scontare un probabile rapporto occasionale, confuso negli anni a diversi altri, da toilette di discoteca, e proprio con Martina. Che poi diventerà, dopo, la donna di Boettcher. Ed ecco saldati, nel delirio di un odio retroattivo, tutti i tre casi di assalti all’acido muriatico che fanno del duo Levato-Boettcher sadici giocatori seriali: lui, l’amante padrone, che impartisce un ordine, lei la serva padrona che gli consegna con la faccia bruciata tutti i bei ragazzi che l’hanno toccata.

Ma poi c’è il terzo, Andrea Magnani, il bancario 32enne, il valletto tuttofare degli amanti, il voyeur di una dinamica di sesso e acido: li copre, li aiuta, e, ora, li incastra. Perché Martina, Alexander e Andrea vengono indagati, in base a una ricostruzione accusatoria che si fonda su gambe solide, anche per l’assalto a Stefano S. In un percorso a ritroso, si parte dall’aggressione del 28 dicembre all’ex compagno pariniano di Martina, Pietro Barbini, si risale al tentativo fallito ai danni di Giuliano, si giunge al capolinea: a Stefano. Stefano, al Grandi Ustionati di Niguarda dal 2 novembre al 30 dicembre: la parte destra del corpo sfigurata, un occhio lesionato, interventi settimanali di plastica, due anni di calotta al viso per evitare infezioni, e sotto supporto psicoterapeutico. La svolta prevista a logiche intuizioni investigative, arriva proprio con l’arresto, il 2 febbraio, del bancario basista della coppia, Andrea Magnani. Che tra ammissioni e incongruenze, confessa, nel rapporto di sottomissione a Boettcher, di avere fatto su sua richiesta anche un sopralluogo in una via parallela a via Quarto Cagnino, via Postumia, prima dell’aggressione a Stefano. Aggressione che la vittima così racconta: una persona coperta da cappuccio e sciarpa, alta, ma meno di lui, lo assale all’uscita dell’auto sotto casa, buttandogli addosso l’acido. La fisionomia di un uomo che ora si ritiene compatibile a quella di Boettcher.

E’ l’ingresso ufficiale di Martina e Alexander nel terzo caso di acido: ieri il fascicolo su Stefano passa dal pm, prima titolare, Cecilia Vassena, al pubblico ministero Marcello Musso che sui ragazzi diabolici sta indagando senza sosta da un mese. 

I legali di Stefano, l’avvocato Andrea Orabona e Benedetta Maggioni, hanno già inviato al pm le fotografie del giovane che testimoniano la rassomiglianza con Giuliano. Ma se questa ipotesi investigativa sta prendendo piede, grazie anche alle dichiarazioni di Magnani - per il quale ieri il gip Giuseppe Gennari ha convalidato il fermo del pm Musso e disposto la misura cautelare in carcere per il concorso nell’aggressione a Pietro Barbini - dal buio dello choc, Stefano non può escludere di essersi imbattuto nella dark lady dell’acido. Il suo ultimo anno di vita da “modellaro“ a tirar l’alba al The Club, come security e come driver di ragazze immagine, non lo mette in condizioni di ricordare contatti pericolosi, anche a scoppio ritardato. marinella.rossi@ilgiorno.net