Affitti in Galleria, Cadè come Verga Alt ai rincari alle botteghe storiche

Secondo ricorso accolto dal Tar: dopo la gioielleria, anche il negozio di camicie ha battuto il Comune "Rialzo non idoneo a realizzare la tutela degli interessi in gioco e a garantire la continuità gestionale"

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di Nicola Palma

E siamo a due. Dopo i titolari della gioielleria Verga, anche i proprietari del negozio di camicie e cravatte Cadè hanno battuto il Comune sul rincaro degli affari in Galleria Vittorio Emanuele. Con una sentenza quasi identica a quella pubblicata nei giorni scorsi, il Tar della Lombardia ha accolto il ricorso e annullato determine dirigenziali e delibere di Giunta nella parte in cui avevano stabilito che fosse la media delle offerte presentate nei due anni precedenti per bandi su spazi del Salotto il parametro da utilizzare per i rinnovi al rialzo dei canoni annui al metro quadrato delle botteghe storiche.

I giudici hanno ribadito i riferimenti a una delibera della Giunta regionale e a un verdetto del Consiglio di Stato sul caso Salotto, che, pur non occupandosi "dello specifico profilo del canone di rinnovo delle concessioni d’uso delle attività storiche e di tradizione", hanno comunque puntualizzato che l’approccio deve andare nel verso di una "logica premiale" per questo tipo di esercizi commerciali, "al fine di favorire la sopravvivenza dell’impresa sul mercato". Di più: il valore dell’affitto deve "essere ancora ancorato a parametri certi e prevedibili, al fine di garantire la calcolabilità delle scelte imprenditoriali". Al contrario, la decisione di Palazzo Marino si presta sì "a garantire la gestione del bene secondo criteri di economicità, ma non si rivela idonea a realizzare la tutela effettiva degli interessi storico, culturale e identitario, correlati alla continuità gestionale delle attività commerciali presenti da lungo tempo nella Galleria". E ancora: "In assenza della previsione di correttivi “premiali”, la determinazione del canone di rinnovo delle concessioni per le attività commerciali delle piccole imprese storiche viene di fatto rimessa al potere di mercato delle imprese di grandi dimensioni che operano nel settore del commercio di lusso e che, a differenza della società ricorrente, si avvantaggiano delle economie di scala della grande produzione".

La querelle riguarda potenzialmente nove botteghe storiche che nel 2020 hanno rinnovato l’accordo con il Comune (Noli, Cadè, Bar Marino, Ruggeri, Verga, Haeres Equita, Mejana, Biffi e Spagnoli), anche se non è detto che tutti i gestori abbiano contestato per via giudiziaria i nuovi canoni annui, fissati a 2.899 euro al metro quadro per il commercio al dettaglio e a 1.850 euro al metro quadro per bar, ristoranti e tabaccai. Al momento, piazza Scala non ha commentato i verdetti del Tribunale, ma è probabile che si scelga la linea dell’impugnazione in Consiglio di Stato per provare a ribaltare quanto stabilito in primo grado per Verga e Cadè.

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