di Alessandra Zanardi
Venticinque anni di mobilitazioni per ottenere la copertura del canale maleodorante. Ora la battaglia del comitato per il Redefossi prosegue, con un obiettivo: "Tombinare quell’ultimo tratto, di 300 metri scarsi, che si trova all’altezza di Borgolombardo ed è rimasto incompiuto".
I riflettori sul Redefossi si sono accesi nella seconda metà degli anni Novanta. "All’epoca San Donato stava ultimando la copertura del canale, sull’onda della costruzione del quinto palazzo dell’Eni e del quartiere Torri Lombarde. Di riflesso a San Giuliano si è costituito un movimento spontaneo di cittadini stanchi di convivere con la sporcizia e i cattivi odori del corso d’acqua, che all’epoca era davvero una fogna a cielo aperto", racconta Giovanni Zucchi, presidente del comitato. Grazie alle battaglie e all’impegno delle amministrazioni comunali, anche a San Giuliano nel tempo si è riusciti a reperire i fondi, stilare un programma e tombinare alcuni lotti.
"In seguito, anche per il fallimento di Genia (l’azienda municipalizzata travolta dai debiti, ndr) tutto si è fermato, col risultato che a Borgolombardo ci ritroviamo con buona parte del canale coperta e una zona a cielo aperto. Una contraddizione, anche a livello urbanistico. Chiediamo l’ultimazione dei lavori, tanto più che esiste già un progetto. E non si venga a dire che la legge vieta di tombinare i corsi d’acqua: esistono deroghe. A Civesio è stato di recente coperto un tratto di cavo in un’area, dove sorgerà un supermercato: le eccezioni ci sono".
Nelle zone di San Giuliano dove il Refedossi è ancora scoperto – in una porzione di Borgolombardo, ma anche tra le vie Toscani e Magri, dove la tombinatura non è possibile per ragioni tecniche – si è cercato di agire sul contesto, riqualificando l’area attorno al canale per migliorarne l’impatto, anche visivo.
"Non basta – incalza Zucchi -. Il Comune faccia pressioni sugli enti competenti, affinché sia garantita la portata d’acqua necessaria a evitare ristagni e cattivi odori. Oggi il Redefossi è in secca per 290 giorni all’anno e questo contribuisce ad aumentarne il degrado. È inutile riqualificare le zone circostanti, se nell’alveo la situazione è sempre la stessa: acqua putrida e stagnante".