I 40 anni della legge 194: meno aborti, boom di obiettori

Ospedali con l’80% di medici contrari alla pratica

Una donna a difesa del diritto alla libera scelta Sotto Paola Bocci consigliere  regionale del Pd

Una donna a difesa del diritto alla libera scelta Sotto Paola Bocci consigliere regionale del Pd

Milano, 1 giugno 2018 - Anche in Lombardia le Ivg (Interruzioni volontarie di gravidanza) diminuiscono ogni anno: nel 2017 sono state 13.499, 331 in meno del 2016 «e questo significa che a quarant’anni la legge 194 è ancora attuale e capace di raggiungere l’obiettivo che si era data», sottolinea Paola Bocci, consigliera regionale del Pd. Ad aumentare da anni è l’obiezione di coscienza: in Lombardia la percentuale di ginecologi che rifiuta di praticare aborti «è quasi invariata» dal 68,2% del 2016 al 66,1% dell’anno scorso. La rilevazione condotta dal gruppo dem chiedendo i dati a ciascuno dei 61 ospedali – tutti pubblici e pari al 63,9% dei non privati dotati di reparto di Ostetricia e ginecologia – in cui si può abortire in Lombardia attesta anche un 44,4% di anestesisti e un 42,8% di personale non medico che rifiutano di assistere le Ivg.

MA più del dato complessivo, la mappa fotografa casi limite. In cinque ospedali – Gallarate, Iseo, Oglio Po, Sondalo e Chiavenna – i ginecologi sono tutti obiettori, in 11 la percentuale supera l’80% (e tra questi la Ginecologia del Macedonio Melloni, una delle più importanti di Milano), solo in otto sono meno di metà degli specialisti in organico. Percentuali persino migliorate, rispetto al 2013 quando il Pd contava 11 ospedali 100% obiettori. Eppure tuttora le valtellinesi possono abortire solo a Sondrio, e a Melzo (su 10 ginecologi un solo non obiettore) e Gardone Val Trompia (due medici, uno obiettore e uno no) l’anno scorso non ci sono state Ivg. A Gallarate ce ne sono state invece 95, praticate da medici esterni pagati a gettone dall’Asst Valle Olona per un totale di 27 mila euro. Il Papa Giovanni XXIII di Bergamo (32 medici ma solo 4 non obiettori per 352 Ivg in un anno) ne ha scuciti 32.400. In tutto le sei Asst che hanno utilizzato “gettonisti” per gli aborti hanno speso 147.504 euro. Cioè oltre centomila meno del 2014, quando il solo Niguarda ne sborsava 80 mila per stampellare una Ginecologia con 14 obiettori su 16 in organico. L’anno scorso, invece, non ha chiamato nessuno da fuori, perché intanto i non obiettori sono raddoppiati; ma in quattro si sono divisi 509 Ivg non farmacologiche (su 610 totali). Altre Asst hanno ridotto i gettoni facendo ruotare i non obiettori tra i presidi accorpati con la riforma sanitaria. Così cinque ginecologi (contro 12 obiettori) dell’ospedale di Treviglio nel 2017 hanno fatto 5 aborti chirurgici nel loro ospedale, e altri 112 a Romano di Lombardia. I 5 non obiettori (contro 15) del Sant’Anna di Como hanno garantito l’Ivg a 300 donne a Cantù, e ad altre 111 “in casa”.

A Merate figura un solo ginecologo disponibile (su otto in organico) per 117 aborti. «La carenza di non obiettori fa sì che quei pochi abbiano carichi di Ivg altissimi», chiarisce Bocci. Gli ultimi dati, del 2015, dicono che la media è di 2,7 aborti a settimana per ogni ginecologo lombardo che accetta l’Ivg. In Veneto sono 1,2, in Italia la media è 1,3 e superano la Lombardia solo Molise e Lazio, dove la Regione ha introdotto i concorsi riservati a non obiettori. Bocci chiede alla Giunta Fontana di fare altrettanto, «magari con un meccanismo premiale nei punteggi, per attuare la legge in tutte le sue parti». «Non ce n’è necessità – ribatte l’assessore al Welfare Giulio Gallera –. In Lombardia il diritto all’Ivg è garantito e non esiste lista d’attesa, tanto che il 15% delle donne arriva da fuori».

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