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Cronaca

Da Milano a Singapore, Sergio Ruocco: “Qui attirano esperti senza farli scappare”

Il ricercatore informatico e l’ingaggio via Linkedin: non era spam, cercavano talenti. Casa e servizi per incentivare gli specialisti e stipendi più alti

Sergio Ruocco e l’ingaggio via Linkedin: non era spam, cercavano talenti. Casa e servizi per incentivare gli specialisti e stipendi più alti

Sergio Ruocco e l’ingaggio via Linkedin: non era spam, cercavano talenti. Casa e servizi per incentivare gli specialisti e stipendi più alti

Sergio Ruocco, 54 anni, milanese d’adozione (si è trasferito qui nel 1976), è un ricercatore informatico: da 12 anni lavora a Singapore.

Come inizia il suo percorso?

"Da piccolo adoravo trafficare con l’elettronica, poi è arrivato il primo computer, un Commodore 64, grazie ai sacrifici dei miei, ed è nata la passione per l’informatica. I miei mi spingevano verso il liceo scientifico, io ho scelto uno dei pochi Itis con informatica, il Molinari. Ho cominciato a collaborare con un gruppo editoriale come revisore tecnico, mentre studiavo; ho continuato a lavorare part-time come giornalista informatico finché mi sono laureato e poi dottorato in Informatica alla Statale. Erano gli anni del boom della new economy e del trading online, tanti abbandonavano per cogliere l’occasione della vita, io preferivo la ricerca".

In Italia?

"I posti per ricercatore erano pochi, non facili da vincere, e per pochi soldi. Ho trovato un’offerta di lavoro in Australia, a Sydney: sembrava tagliata sul mio cv. Ho mandato la mia candidatura e ricevuto una risposta entusiasta. Ecco la prima differenza rispetto all’Italia, dove nessuno può rispondermi: “Sì ti prendo, mi servi tu”. È illegale. Non si possono fare manifestazioni di interesse. Invece in Paesi di tradizione anglosassone (Australia ma anche Singapore) in ogni organizzazione i responsabili di un’area scelgono liberamente la persona più adatta alla posizione, tipicamente esterni con esperienze e referenze internazionali, raramente interni che non si sono mai mossi oltre al cortile dove si sono iscritti".

Lo stipendio all’estero?

"Il doppio se non triplo rispetto all’Italia. Per tre anni ho lavorato in un centro di ricerca collegato all’università. In Australia al di sotto di certi limiti di stipendio non si può scendere, è vietato. Finito il progetto a Sydney, per ragioni familiari sono tornato in Italia. Per 5 anni sono stato in Bicocca, con un assegno di ricerca. Ma come arrivai iniziò il blocco delle assunzioni e una sacca di precariato mostruosa. Era chiaro che non sarei riuscito a stabilizzarmi, nonostante i progetti rilevanti e il coinvolgimento di grandi aziende, perché il curriculum era ricco di progetti ed esperienze industriali ma con poche pubblicazioni accademiche".

La svolta?

"Mi è arrivata una email da un “cacciatore di teste” di Londra: “Il Ministero dello Sviluppo Economico di Singapore ci ha incaricato di cercare talenti con competenze specifiche, tra cui quelle che hai indicato su LinkedIn. Ti interessa?”. Ho pensato fosse uno spam. Non lo era. Oltre allo stipendio molto più alto mi danno una quota per pagare l’affitto, un generoso contributo spese per il trasferimento con cui avrei potuto traslocare casa, e l’assicurazione sanitaria. Sono qui dal 2012, l’ambiente è dinamico e ti valutano per come lavori".

Le differenze più rilevanti con l’Italia?

"Non ci sono concorsi con regole astruse, c’è meno burocrazia, ma se poi non funzioni e non sai lavorare chi ti ha selezionato ne risponde di persona, perché tutti sono valutati e comparati con i propri pari, dallo spazzino al Ministro. C’è molta permeabilità tra pubblico e privato nelle opportunità di carriera, non si resta fossilizzati. Qui fanno di tutto per attirare specialisti e trattenerli, venendo incontro con la casa e i servizi, perché sanno che sono utili allo sviluppo del Paese".

Tornerebbe indietro?

"Domanda sbagliata. Bisognerebbe chiedere alle università: “Perché non richiamate i tanti come me che sono all’estero? Perché in Italia non si mettono più fondi nella ricerca, anche privata, ma è la prima voce da tagliare?".