A 80 anni provo vergogna

Alberto

Mazzuca

Un paio di settimane fa ho compiuto 80 anni. All’apparenza nulla è cambiato: sto finendo di scrivere un libro su Berlusconi e spero che non sia l’ultimo; ho gli acciacchi dell’età, come è naturale che sia; guardo crescere i miei due nipotini di 5 e 6 anni con gli occhi sorridenti in cui si intravede la fiducia per il futuro. Ma alla fine mi accorgo che c’è qualcosa di diverso: l’insofferenza, la sempre più evidente mancanza di amore, di perdono e di misericordia che portano, dice l’amico padre Mauro Lepori, priore della comunità dei circestensi, verso il “grande fiume della riconciliazione”, e l’aumento invece, per dirla con una frase dell’ex priore di Bose, padre Enzo Bianchi, della “vergogna”. Mi vergogno anch’io. Mi vergogno dei tanti morti che sta procurando questa guerra ucraina e mi vergogno per non aver provato la stessa vergogna quando si trattava di morti afgani o di qualche altro paese. Mi vergogno per la fila delle persone che ogni giorno si forma davanti alla mensa dell’Opera San Francesco di Milano. Mi vergogno di avere una classe politica, diciamo pure una classe dirigente, che sembra pensare più ai suoi interessi personali o degli amici che a quelli della collettività. Mi vergogno che per coprire un buco di 200 milioni il Comune di Milano tagli nella sanità e non invece negli stipendi di assessori e consiglieri. Mi vergogno vedere persone disabili fatte scendere dal treno perché i posti erano occupati da turisti. Mi vergogno nel vedere una giustizia che non dà proprio l’idea che la legge sia uguale per tutti e, grazie alla lungaggine dei processi e alla prescrizione, manda liberi tanti delinquenti. Mi vergogno nel vedere come una fetta del centrodestra continui a dire bugie come quella che le tasse devono essere ridotte quando ci stiamo inoltrando insieme alla Germania in un altro periodo difficile perché un sistema industriale in un’economia avanzata, con i suoi salari e i suoi vincoli ambientali, ha bisogno di gas e energia a basso prezzo per sopravvivere a meno che non si abbia, come la Francia, un robusto sistema nucleare. Uno sfogo il mio in un Paese dal lamento facile, scusatemi. Non si ripeterà.

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