
La Sala dello Zodiaco a Palazzo d'Arco
Mantova, 19 febbraio 2016 - Un viaggio nel tempo, nella storica dimora di una nobile e potente famiglia mantovana, dalle collezioni d’arte che rivaleggiavano con quelle dei Gonzaga, alla ricchissima biblioteca, alle incredibili cucine tappezzate da forme di rame. C’è tutto questo e molto altro a Palazzo d’Arco, un complesso monumentale di cinquemila metri quadrati, che con la sua facciata seicentesca domina l’omonima piazza nel centro della città. Chiuso dal 2013, il palazzo sarà restituito alla città capitale italiana della cultura 2016 dopo un profondo restauro, costato per ora un milione e mezzo di euro, una cifra appena sufficiente a mettere in sicurezza i vari corpi, da quello più antico del Quattrocento ai successivi e a garantire quindi la fruibilità della struttura. Dal 16 aprile Palazzo d’Arco verrà riaperto al pubblico con un’offerta arricchita di visite guidate, attività didattiche e iniziative scientifiche. Perché all’interno della casa-museo della famiglia d’Arco, abitata fino all’anno della morte, il 1973, dall’ultima rappresentante del casato, la contessa Giovanna d’Arco, arte, scienza e storia di mescolano da almeno quattro secoli.
Gestito dalla Fondazione d’Arco, palazzo d’Arco offrirà ai visitatori una serie di incredibili ambienti. Il più spettacolare e prezioso è forse la cinquecentesca Sala dello Zodiaco opera di Giovan Battista Falconetto, destinata a competere in bellezza con la più famosa Sala dello Zodiaco nella reggia dei Gonzaga. Assieme al capolavoro del Falconetto, che si trova nella costruzione del ‘400 primo nucleo di Palazzo d’Arco, lasciano senza fiato molti altri saloni, da quello degli antenati alla sala di Pallade (nella foto a destra) ricchi di storia, di arazzi e stoffe preziose provenienti da tutta Europa. Una quadreria sterminata, collezionata dalla famiglia d’Arco, allinea capolavori firmati da maestri come Carracci e Lorenzo Lotto, solo per citare i più noti. L’archivio raccoglie documenti formati nell’arco di un millennio. La biblioteca possiede, tra altri tesori, la seconda edizione dell’Encyclopedie di Diderot e d’Alembert.
Nelle stanze si può ammirare una stupenda collezione di antichi strumenti musicali. Tutto questo verrà offerto a mantovani e no, e non solo nell’anno di Mantova capitale della cultura. Perché la riscoperta del palazzo è appena cominciata. La Fondazione d’Arco, dopo l’ultimo costoso maquillage, vorrebbe intervenire sulla facciata e sull’Orangerie danneggiata dal terremoto del 2012. Servono almeno altri 500mila euro e, quindi, istituzioni e privati che sostengano gli interventi in cambio dell’iscrizione nell’Albo dei benefattori. L’appello è lanciato, e si vedrà quanti lo accoglieranno. Intanto nelle prossime settimane, assieme alla visita al palazzo di città chi lo vorrà avrà l’opportunità di spingersi anche nella dimora estiva della famiglia d’Arco, la tenuta delle Bertone, il giardino romantico creato nell’Ottocento dal conte Carlo d’Arco, appassionato botanico, e in questi anni tornato alla ribalta con la creazione di un centro di reintroduzione della cicogna, gestito dal Parco del Mincio e visitato da migliaia di grandi e piccini nella buona stagione. Un modo per unire un tuffo nella sfarzosa vita della nobiltà mantovana a un’escursione nella natura sotto l’occhio attento delle cicogne sui loro nidi.