ANDREA SPINELLI
Cultura e Spettacoli

Negrita, a Mantova la nostra festa in piazza: “Stare tra la gente per raccontarla. Il segreto di una band irrequieta”

Paolo “Pau“ Bruni promette “qualche ora di divertimento come si deve in un mondo spietato”. E racconta la svolta verso il folk americano: “Messaggio anni ’60 che può essere recuperato...”

I Negrita

I Negrita

Mantova – Max Pezzali al Forum di Assago, l’Harlem Gospel Choir al Blue Note, Joe Bastianich e La Terza Classe in Piazza della Loggia a Brescia, sono i riferimenti obbligati di un Capodanno che alza il volume soprattutto a Mantova dove i Negrita si preparano a far “rockeggiare” Piazza Sordello. “Non essendo la prima volta, so già che sarà una festa” si dice convinto il frontman della band aretina Paolo “Pau” Bruni, 57 anni, reduce dal concertone al Forum dello scorso settembre per il trentennale del loro primo album. “Quello è stato un unicum da dedicare a noi e al nostro pubblico giocato sul numero 3 (30 anni d’attività, 3 ore di maratona, 30 brani), mentre lo show di Pizza Sordello me lo immagino un po’ più distratto dalla nostra storia, più festaiolo e più giocato su certe dinamiche da palco che ai Negrita riescono bene”.

Quello in arrivo è un San Silvestro carico di attese...

“Beh, veniamo da un anno drammatico per la storia dell’uomo e ne inauguriamo un altro sperando in qualcosa di meglio. Anche se la parola mi irrita un po’, perché se i sogni attraggono mentre la speranza delude, in quanto ultima risorsa prima della resa. Ogni mattina, appena sveglio, apro l’iPad per dare un’occhiata a quel che accade in giro e, diciamo, non mi alzo col piede giusto. A preoccuparmi è soprattutto il futuro dei nostri figli, che erediteranno un mondo spietato. Ma - almeno per qualche ora - a Mantova cercheremo di mettere da parte i pensieri e divertirci come si deve in una notte così”.

Pure quest’anno Milano non scende in piazza. E non è la sola a spegnere la musica.

“Diciamo che abbiamo vissuto decenni migliori e la voglia pure di festeggiare è quel che è. Tra tagli e restrizioni varie, pure i bilanci dei Comuni soffrono parecchio. Basta pensare al miliardo e mezzo di euro appena dirottato dal ministro dei Trasporti verso il Ponte sullo Stretto, togliendoli agli accordi già presi con le amministrazioni locali. Questo va a pesare, innanzitutto, sulla manutenzione delle strade che, dove sto io in Toscana e non solo, sono diventate piste da “endurance“. Per noi che, anagraficamente, abbiamo vissuto lo splendore della società occidentale è una continua doccia fredda. Nel testo di una nuova canzone dei Negrita ho scritto che viviamo con basse aspettative perché è proprio così”.

A proposito di canzoni nuove, quella “Non esistono innocenti amico mio” lanciata proprio in occasione del concertone al Forum prelude ad un nuovo album.

“Ad aprile partiremo col nuovo tour (con tappe pure all’Alcatraz di Milano il 13 e al Clerici di Brescia il 18, ndr) e il successore di ‘Desert Yacht Club’ arriverà qualche settimana prima. Quindi a marzo. Anche perché un musicista che non fa parte del jet set nazionale, prima deve evitare il Festival di Sanremo, globalizzatore capace di distogliere attenzione mediatica da qualsiasi produzione artistica non connessa direttamente o indirettamente con lui. Cosa artisticamente un po’ triste, ma inevitabile”.

In che direzione vi sta portando la musica?

“Chi ci conosce sa che, a livello di sound, siamo una band irrequieta. E che la varietà di sonorità è una nostra precisa cifra stilistica. Siamo musicisti curiosi con tante passioni musicali diverse. I gusti del pubblico tendono sempre più ad una semplificazione che è l’antitesi del nostro modo di fare musica e questo a detrimento di quella riconoscibilità che tutti, invece, sembrano cercare. Questo per quel che riguarda la musica; a livello narrativo, invece, abbiamo pensato questo nuovo album come ad un concept con un fil rouge capace di unire tutti i pezzi. Un tratto distintivo diverso da album del passato che fotografavano il loro momento con raccolte di brani concettualmente diversi”.

Nel mandare in radio “Non esistono innocenti amico mio” avevate parlato di una matrice folk-rock.

“Vero. Perché in questi anni abbiamo approfondito lo studio del folk americano a cominciare da Bob Dylan e il suo maestro Woody Guthrie. Una ricerca che mi ha spinto, pur con le dovute differenze, ad usare quella lente per provare a guardare alla contemporaneità. Quello dello stare tra la gente per raccontarla caratteristico di certe personalità d’allora mi ha suscitato una domanda: non è che questo messaggio degli anni Sessanta del Ventesimo secolo può essere recuperato e aggiornato agli anni Venti del Ventunesimo?”.